*°Our Twilight°* - Italian Unofficial Twilight GDR

Ares, rinfreschiamo la memoria su questo strano personaggio

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Alchiriel
view post Posted on 28/1/2008, 19:49




Ecco qui, dato che forse sceglierò di interpretare questo strano vampiro, vorrei riproporre la Fan Fiction da cui è tratto.
Per prima cosa, inauguro la sezione FF di questo forumettino (ma solo per far capire meglio un possibile PG)
Avverto già che da un certo punto c'è un leggero calo nello stile (persi un po' di voglia), ma sono fiero di poter dire che si può incastrare perfettamente con gli avvenimenti della mayer (cosa che non può accadere a molte FF scritte prima di new moon o eclipse).
Spero piaccia... e soprattutto, spero che Ares possa interessare come personaggio (altrimenti ripiegherò su altro). ciao, e buona lettura! (spero)




Macino chilometri come fossero briciole.
Sento il motore dell’auto trasmettermi la vibrazione attraverso il volante.
I pneumatici si sono consumati più nell’ultimo mese che nei cinque anni passati in mano al vecchio proprietario.
I miei occhi scrutano il cielo.
Il sole è basso lungo l’orizzonte ed il cielo sembra un oceano di fiamme, fiamme che sento bruciare anche nel mio cuore.
Ho le mascelle serrate, non riesco a rilassarmi.
Chissà se Jerome avrà modo di vedermi dall’aldilà, chissà se il paradiso, o almeno l’inferno, sia ancora aperto a mostri come noi.
Ora nutrirmi sarà molto più difficile.
Passare le giornate e le notti sarà molto più difficile senza colui che avevo imparato ad amare come un fratello.
Punto ancora verso sud, non metterò mai più piede in Canada.
Scuoto il capo pensando che era stato proprio Jerome a decidere di dirigerci là.
Arrivammo in Messico con un aereo, Jerome sapeva che in quelle zone le prigioni non erano molto sorvegliate e che se fosse scomparso qualche galeotto, magari un assassino o uno stupratore, nessuno avrebbe sentito la sua mancanza.
Anche se camminava sulla terra ormai da due secoli, Jerome aveva ancora l’animo di un bambino e mi convinse a raggiungere il Canada in auto, attraversando tutti gli USA come turisti, visitando posti meravigliosi.
Ora calco le stesse strade, verso sud, tornando verso il Messico.
La mia mente torna ancora all’ultima volta in cui vidi il volto del mio compagno, prima che scomparisse a caccia di selvaggina, proprio dentro il territorio dei Licantropi.
Lo attesi in auto per ore, fuori dall’enorme foresta canadese in cui si era addentrato.
Un solo grido. Un solo, lungo e straziante grido. Portato da un vento invisibile fino alle mie orecchie.
Stringo le mani sul volante e sul mio viso compare un sorriso senza gioia, pensando che almeno ho vendicato quello che era diventato mio fratello, strappando ciò che rimaneva del suo corpo dalle fauci di quel mostro in forma di lupo.
In lontananza scorgo le luci e lo smog della città di Seattle.
Jerome avrebbe tanto voluto visitare quella città, ma lo convinsi ad andare oltre.
Vedo il cartello che indica una piccola cittadina, Forks, è un bivio che si allontana dall’autostrada.
Non so ancora dove andrò mentre la sete comincia a tornare.
Valuto se fermarmi un po’ a Seattle, a cercare qualche criminale, qualcuno di cui nutrirmi.
Il dolore e la rabbia continuano a riempire il mio animo, e cerco disperatamente conforto.
Ma ora, l’unica persona che mi è stata vicino in questi sessant’anni, non è qui, e mi preparo a vivere la mia eternità.
Da solo.



Era una mattina come tutte le altre, nuvolosa ed umida.
La notte passata insieme ai fratelli era scorsa rapida e senza preoccupazioni ed in quel momento si stavano dirigendo verso la loro Volvo metallizzata.
Fu proprio in quel momento, mentre Edward propose di andare a caccia quella sera, che Alice vide quelle ombre.
Si immobilizzò dopo appena alcuni metri dalla porta, i suoi occhi spalancati guardavano oltre il mondo intorno a lei, scrutavano oltre il tempo, ma le ombre… anzi, l’ombra… era troppo sfocata per darle qualche segno preciso.
Jasper fu subito da lei –Che c’è Alice? Cosa vedi?-
Alice provò a parlare, con il dubbio dipinto sul volto, poi scosse lentamente il capo, con gli occhi ancora persi nei meandri del tempo. Decine, centinaia di scene e possibili futuri corsero nella sua mente con una velocità impressionante, come se una decisione ancora non presa potesse cambiare i destini di decine, se non centinaia, di persone.
Rosalie che cercava di ignorare infastidita il ragazzino del secondo anno che la fissava in continuazione in mensa, completamente perso della sua bellezza.
Pugni e calci che colpivano tutt’intorno, in una tempesta di odio e furia.
Lei ed i suoi fratelli che andavano tranquillamente a scuola, ridendo per una battuta di Emmet.
Edward, davanti alla scuola, che si voltava verso un’ombra e ringhiava, pronto a scattare.
Carlisle che abbracciava Esme, sorridendole dolcemente dopo essere tornato da lavoro.
L’ispettore Swan che con gli occhi sgranati dal terrore che puntava la pistola verso l’oscurità in un angolo del suo ufficio, ma prima ancora che potesse premere il grilletto il suo sangue schizzava ovunque, imbrattando le pareti della stanza.
Edward che suonava il pianoforte, con tutta la famiglia che ascoltava rapita la cascata di note melodiose nel tepore e nella tranquillità della casa.
Una voce interruppe la sequenza allucinante di immagini, era la voce di Jasper -Alice, Alice che hai? Di qualcosa!-.
Portandosi una mano alla testa e barcollando per un secondo, Alice tornò in se e si accorse di avere puntati su di se tutti gli sguardi dei fratelli.
-Non so cos’ho visto…- disse scuotendo il capo.
-Come, non lo sai?- chiese Rosalie incuriosita, immobile con la mano sulla portiera dell’auto, nella stessa posizione assunta prima che Alice si perdesse nelle sue premonizioni.
-Era tutto così… confuso…- Si massaggiò la testa e Jasper fu subito al suo fianco, aiutandola a sorreggersi, non che ne avesse veramente bisogno.
-Prova a raccontarcelo!- le disse dolcemente, quasi sussurrandole all’orecchio.
Alice cercò lo sguardo di Edward, ma era anche lui scosso, appoggiato all’auto dalla parte opposta di Rosalie. Aveva tentato di leggere i pensieri della sorella ma anche lui era rimasto debilitato da quei flash.
Alice provò a dare una spiegazione –c’erano immagini della nostra vita normale, la scuola, noi, la caccia di stasera e mille altre normalissime azioni di tutti i giorni…-
Scosse leggermente il capo –ma per ognuna di queste ce ne erano altre di violenza e morte, alcune riguardavano noi, altre gli umani di Forks… Ruotavano tutte intorno ad un’ombra, ma le possibilità che venga proprio qui sono talmente vaghe che non sono riuscita a riconoscerla-
Edward sospirò, cercando di scavare tra le innumerevoli scene –Però non in tutte l’ombra era malvagia… Ricordo Emmet o Jasper in sua compagnia…-
Alice annuì –si, oppure Carlisle ed Esme… O l’ombra seduta alla nostra tavola…-
Le nuvole cominciarono a rilasciare le loro lacrime di pioggia ed i fratelli Cullen ed Hale salirono in auto, cercando di dare una spiegazione alle visioni di Alice.
Le idee più disparate vennero a galla, ma quella che convinse gli altri più di tutte riguardava un altro vampiro, o qualche altra creatura sovrannaturale…
Arrivarono a scuola e, guardinghi, si diressero ciascuno nella propria aula.
L’ennesima ora di biologia stava scorrendo lentamente, mentre Edward sondava le menti delle persone intorno, alla ricerca di qualche traccia sulla minaccia misteriosa. Con sollievo notò che tutti avevano i loro soliti, monotoni pensieri.
Al suono della campanella si alzò dal suo posto e si diresse verso l’aula per l’ora successiva, più calmo rispetto a prima, ignorò Jessica che lo stava fissando di nascosto, ancora furiosa dal recente rifiuto di Edward.
Uscito dalla piccola costruzione, passò vicino al parcheggio, continuando ad ascoltare i pensieri di fondo della gente e solo in qual momento sentì la voce di Alice “Edward! Edward aspetta!” si accorse solo dopo un istante del fatto che la voce era nella sua mente, si voltò in cerca di Alice e la vide avanzare verso di lui, con uno sguardo preoccupato e scortata dai fratelli.
Fece per dirigersi verso di lei, quando in quel momento la sua mente captò qualcosa di terribile.
Vide se stesso voltarsi verso Alice, mentre qualcuno scattava verso di lui a velocità pazzesca, l’assalitore stava progettando l’agguato in prima persona cosicché Edward non lo inquadrò.
Osservò se stesso girarsi verso l’aggressore che però aveva già spiccato un balzo verso l’albero di fianco e che, con una spinta incredibile, si scagliava nuovamente su di lui, colpendolo di sorpresa.
Continuò a vedere se stesso colpito ripetutamente, e la cosa che lo stupì di più fu che le sue reazioni erano quelle di un vampiro.
L’aggressore sapeva della sua natura.
Si girò verso la strada, ringhiando basso e sfoderando i canini.
Era una delle immagini che Alice aveva visto nella sua visione.
Cercò con gli occhi l’origine del pensiero e lo vide.
Era dentro un’auto, una Hyundai nera che aveva visto giorni migliori. Lo stava guardando e sorrideva, era un sorriso stranamente dolce e sereno per uno che aveva pensato di fare a pezzi qualcun altro fino ad un istante prima.
I suoi occhi neri contrastavano con la sua carnagione pallida, i suoi capelli castani erano corti, ed i suoi tratti, ovviamente, bellissimi, come quelli di qualsiasi altra creatura come loro. Il nuovo arrivato era un vampiro.
Era giovane, sui vent’anni, accese l’auto e, mentre Edward aveva ancora i suoi occhi piantati su di lui, gli fece l’occhiolino e partì.
Emmet fu il primo ad arrivare al suo fianco, insieme con Alice e gli altri.
Edward aveva tutti i muscoli tesi e pronti a scattare, con gli occhi spalancati che seguivano l’auto allontanarsi.
Alice gli si avvicinò preoccupata.
-Ho provato a chiamarti, ma non mi hai sentito. Volevo dirti che l’ombra è qui, è un vampiro… Ma credo che tu te ne sia già accorto…-
Edward sospirò, calmandosi.
Jasper gli appoggiò una mano sulla spalla, aiutandolo a rilassarsi –Ho già detto alla signora Cope che dobbiamo andare a casa per problemi famigliari. Dobbiamo parlarne con Carlisle…-
Edward annuì e si diresse verso l’auto, insieme con i fratelli.


[lo posto un po' alla volta, per evitare tagli automatici dei post]
 
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Dark_Bride
view post Posted on 28/1/2008, 20:14




ok ora sono divisa in due metà della mia personalità...
una ti odia e vorrebbe dirti che sei un fallito, l'altra adora la ff e implora un aggiornamento...vabbè va' oggi faccio la brava xD
Bravooooooo in quel cervellino bacato si nasconde uno scrittore *_*
E' bellissimo attendo presto un aggiornamento!
 
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Alchiriel
view post Posted on 28/1/2008, 20:24




[continua ad odiarmi, va... mi sento più a mio agio!]



Parcheggio la mia Hyundai vicino al supermarket, senza dare troppo nell’occhio.
Ho bisogno di nutrirmi, ma non ho ancora voglia di entrare in una metropoli come Seattle, e Forks mi è sembrata un’idea buona, niente sole, possibilità di andare in giro di giorno…
Trovare qualcun altro come me è stata una sorpresa inattesa, forse troverò anche qualcuno di valido e, se proprio dovessi essere fortunato, qualcuno che mi permetterà di evitare di nutrirmi degli umani… Il sangue dei vampiri è pieno di potere, e questo lo rende ancora più gustoso!
Mi ero appostato fuori dalla scuola per cercare qualche bullo, qualche prepotente o anche peggio, ma ho trovato una cosa ancora migliore: Vampiri! E neanche uno solo, ben cinque!
Il Rosso si è rivelato molto sveglio, devo stare attento, se mai dovessi trovarmi a combattere contro di lui difficilmente riuscirei a coglierlo di sorpresa.
Un altro interessante è quello grosso, con lui credo che mi potrei divertire un bel po’!
L’altro ragazzo e le due vampire non mi sembravano particolarmente minacciosi, probabilmente sono state rese come noi a causa delle loro arti o qualcos’altro, la piccola sembra essere molto aggraziata, non mi stupirei se fosse una ballerina.
Comunque se dovessi trovarmi ad affrontarli tutti insieme credo che non ne uscirei vivo…
O meglio… Morirei una seconda volta…
Scendo dall’auto e dopo averla chiusa entro nel supermarket, compro una stecca di sigarette e, ignorando lo sguardo pieno di desiderio della commessa, torno al mio veicolo.
Apro un pacchetto, metto la sigaretta in bocca e l’accendo.
Non devo mangiare, non devo dormire, non mi stanco mai e non ho bisogno di un posto in cui riposare, mi muovo veloce come il fulmine e comunque non ho problemi a prendere un’auto.
Per questo i soldi non mi servono a nulla, potrei vivere nel lusso, ed effettivamente la mia casa in Italia non è niente male, ma non è necessario.
In vita fumare mi avrebbe ucciso ed avrebbe ridotto considerevolmente i miei risparmi, ora non mi preoccupo ne dell’uno ne dell’altro.
Metto la mano in tasca e tiro fuori il mio cellulare.
Cerco nella mia scarna rubrica, più che altro piena di numeri a me inutili come la polizia o la croce rossa, e arrivo alla J… Jerome…
Volevo cancellare il suo numero ormai inutile, ma non ce la faccio, e dopo pochi secondi mi ritrovo a riguardare le foto scattate negli ultimi mesi.
Sembriamo due normalissimi ragazzi in viaggio, e sorrido al suo ricordo.
La foto di noi due sul Grand Canyon, con la pelle che risplende come cristallo sotto il sole, mi farebbe scendere una lacrima, se solo potessi ancora piangere.
Il Requiem di Mozart che sto ascoltando nell’autoradio non stona molto con le mie emozioni.
Chiudo il cellulare ed appoggio la mia testa allo schienale, dopo aver spento la sigaretta nel posacenere.
Forse mi dovrei dedicare a rintracciare quei cinque vampiri, o mi dovrei occupare dei miei problemi.
Ma per ora, ho solo voglia di perdermi nei miei ricordi, per lasciar piangere la mia anima.




Carlisle scosse il capo, preoccupato –Perché non me ne avete parlato subito?-
-Perché poteva essere un semplice falso allarme…- si difese alice
-Ma non lo è stato…- Carlisle camminava per il salotto pensando a cosa fare. Emmet era in piedi, appoggiato alla parete, tutti gli altri seduti sul grande divano, a parte Esme, seduta sulla morbida poltrona e piegata in avanti, appoggiata alle sue ginocchia, persa nei suoi pensieri.
Carlisle guardò i suoi infanti, soffermandosi su Jasper che aveva gli occhi scuri, quasi neri.
-Avete sete, è più di due settimane che non cacciate ed alla minima provocazione non avreste la capacità di ragionare necessaria, la reazione di Edward di oggi ne è una prova-
Edward sostenne il suo sguardo –Stava pensando a come sarebbe stato meglio farmi a pezzi, in quale altro modo avrei potuto reagire?-
Emmet annuì, sostenendo il fratello.
Ma Carlisle continuò –c’è molta differenza tra il pensare e l’agire! Tu dovresti saperlo meglio di chiunque. Pensate di andare a caccia stasera?-
-Ci stavamo pensando, ma non sappiamo quanto possa convenire, trovarci faccia a faccia con lui durante la caccia potrebbe essere pericoloso, volevamo parlarne con te- Disse Jasper, sistemandosi sul divano.
Rosalie prese parola –Se stiamo abbastanza vicini non sarà un problema! Poi, Carlisle, potreste venire anche tu ed Esme, anche se so che avete già cacciato quattro giorni fa, ma, almeno per quanto mi riguarda, mi sentirei più sicura!-
Carlisle ci pensò per qualche istante, poi Esme gli fece un cenno di assenso che lo convinse –Va bene, stasera andiamo a caccia. Dovremo essere più veloci del solito, non voglio dover star fuori casa per troppo tempo, se alcune delle visioni di Alice fossero vere potrebbe essere molto pericoloso per gli umani di Forks-
Un mormorio di assenso generale, reso un po’ più colorito da alcune imprecazioni rivolte al nuovo giunto da parte di Emmet sancirono la decisione.
-Perché non partiamo già adesso? Abbiamo ancora tutto il pomeriggio e, a meno che non sia un pazzo, non credo si metterà a far danni durante il giorno…- Jasper sembrava ansioso di potersi dissetare, ancora non abituato alla sua nuova dieta “vegetariana”.
Cercò conferma alle sue parole nello sguardo di Alice, che chiuse per un attimo gli occhi, scrutando nel tempo, per poi riaprirli –Non vedo niente di strano, almeno non nelle prossime ore…-
Emmet allora sorrise –Ottimo! Preparo il fuoristrada!- poi si grattò un attimo il mento pensando allo spazio a disposizione -anche se per starci tutti staremo un po’ stretti… -
Edward sospirò –non ti preoccupare… Prendo anche la mia Volvo… Non ci metterò molto a lavarla domattina…-

-Non allontaniamo ci troppo l’uno dall’altro, diciamo massimo un paio di centinaia di metri… Va bene ragazzi, buona caccia!- Disse Carlisle con un sorriso, prima di lanciarsi nel folto della foresta di corsa, lasciando le auto parcheggiate al limitare della vegetazione, seguito subito dagli altri.
Passarono a caccia molte ore, finché il sole non cominciò a calare.
Edward era riuscito a catturare un Puma, che lo avrebbe dissetato per molto tempo con il suo sangue dal sapore energico ed aggressivo.
Carlisle uccise un grizzly ma Emmet non bevve il suo sangue: voleva procurarsi il cibo da solo, così si abbeverarono Alice e Jasper.
Rosalie non fu molto fortunata e solo con l’aiuto di Esme riuscì a prendere un capriolo.
La caccia continuò ancora, decisi a dissetarsi totalmente.
Jasper stava correndo per il buio della foresta, inseguendo una lepre, quando vide un’ombra appoggiata ad un albero.
Preso com’era dalla caccia aveva perso di vista gli altri e si immobilizzò.
Con sollievo notò che era Alice, era piegata su se stessa ed era appoggiata ad un grosso tronco, con gli occhi sgranati dal terrore.
Jasper corse da lei, mettendosi davanti ai suoi occhi, un rumore attirò la sua attenzione e solo in quel momento vide Edward ad una ventina di metri, anche lui con gli occhi sgranati. Con la mano destra stava stringendo il ramo di un albero, che si sbriciolò sotto la sua morsa.
-Cosa vedi?- Le chiese.
E lei cominciò una descrizione terribile: -è alla stazione della polizia, lo vedo parcheggiare l’auto ed entrare. Sta cercando tra gli schedari. Un rumore lo attira, sono dei passi. La stanza è buia e lui si nasconde in un angolo…-
Carlisle arrivò sul posto, seguito da Emmet, che dopo un cenno del dottore corrse subito a cercare Esme e Rosalie.
-E’ l’ispettore Swan… entra nella stanza in cui si nasconde lui ma non accende la luce. Vedo gli occhi del vampiro diventare sempre più neri, anzi, cominciano a brillare di rosso… Ha sete, molta sete… L’ispettore sta per uscire… No… Vede lo schedario aperto e si ferma per chiuderlo…-
In quel momento arrivarono anche Esme e Rosalie, tutti intorno ad ascoltare Alice.
-L’ispettore si volta verso di lui, vede gli occhi rossi nell’oscurità… La sua mano corre verso la fondina e…-
Alice si interruppe, con gli occhi pieni di terrore.
Carlisle, con voce calma, la incitò –Poi che succede, Alice?-
Ma questa volta il racconto è continuato da Edward, se possibile, più pallido del solito.
-Lui salta fuori, è rapidissimo, prima ancora che l’ispettore Swan possa alzare la pistola, quel bastardo gli è già addosso… E’ furioso, pieno di rabbia, dolore e tristezza, e non vedeva l’ora di potersi sfogare… La stanza è un macello…- Anche lui rimase a corto di parole, scosso dalla visione.
Alice rinvenne in un istante –Dobbiamo correre, correre più veloci che possiamo… Dobbiamo fermarlo! Neanche i vampiri possono ridurre un uomo in quello stato! È… Mostruoso!-
-Bene, allora di corsa!- dichiarò Carlisle, guidando gli altri in una corsa disperata verso le auto, per cercare di evitare la morte di un innocente.



Cammino silenzioso come un ombra per il piccolo corridoio della stazione di polizia, anche se Jerome mi avrebbe lanciato un’occhiataccia per ammonirmi del mio rumore.
Nessun orecchio umano potrebbe percepire i miei passi, per questo non ho fatto molta fatica a passare oltre al centralino, assonnato, che ascoltava la radio nel suo stanzino.
Mi guardo intorno ed entro nella prima porta che vedo.
I miei occhi non hanno problemi ad adattarsi all’oscurità del luogo.
E’ un piccolo ufficio, con una scrivania piena di scartoffie e alcuni armadietti lungo le pareti.
Mi avvicino alla scrivania, nella speranza di trovare i documenti riguardanti qualche rifiuto umano, ma mi accorgo subito che è tutta roba inutile.
Appunti, numeri di telefono, ricevute e lettere varie, noto addirittura i documenti per l’acquisto di un Pick Up ancora da pagare.
Mi avvicino allora allo schedario, la chiave è inserita nella toppa quindi non devo ingegnarmi per aprirlo.
Scuoto la tesa deluso quando mi accorgo che il materiale presente riempie solo il primo cassetto.
Comincio allora a sfogliare le fedine penali di quelli che sono dentro, solo nove persone, e quelli appena rilasciati.
La sete mi brucia lo stomaco e questo rende la mia rabbia ancora più forte quando scopro che il crimine più grave che sia stato commesso a Forks è uno scippo ai danni di una vecchietta.
Nessuno di questi criminali merita la morte, non poso sbranare qualcuno solo perché ha guidato in stato di ebbrezza!
Spero solo di non essere costretto a dar fondo alla mia riserva, quella è solo per i momenti speciali.
Mi stringo lo stomaco assetato quando sento una voce che saluta il centralino e la risposta di questi.
Sento un rumore di passi venire verso la stanza, rapido come il fulmine poso il fascicolo che avevo in mano e mi nascondo nel cono d’ombra creato dal piccolo schedario.
Trattengo un’imprecazione quando il nuovo arrivato entra proprio nella mia stanza.
Appoggia la giacca all’attaccapanni e si avvicina alla scrivania,è l’Ispettore Swan, o almeno, è ciò che c’è scritto sulla piccola targhetta dorata.
Con un po’ di sollievo non accende la luce, ma si limita ad agire con la poca luce che arriva dal corridoio, evidentemente non si tratterrà molto in questa stanza.
Sorride prendendo in mano la cartellina di cartoncino con i documenti per l’acquisto del Pick Up, ma appoggiandola nuovamente fa l’errore più grave della sua vita.
-Ah… Diamine!- Lo sento esclamare dopo essersi tagliato con il cartoncino.
È un taglio piccolo, ma vedo chiaramente il sangue scorrere sul dito, è appena una piccola goccia, ma la mia sete la amplifica fino a farmela sembrare un fiume cremisi.
L’odore del dolce liquido arriva fino al mio naso e percepisco il mio istinto di predatore ringhiare chiedendomi di saltargli addosso.
Non posso, è un innocente, è uno che, come me, lavora per mantenere l’ordine e la giustizia, non posso ucciderlo.
Ma la mia sete è troppo forte, cosa vuoi che sia un ispettore in meno? In particolare in una cittadina che non ne ha minimamente bisogno?
NO!
Serro le mandibole mentre mi sforzo di resistere.
Ha appena appoggiato la cartellina, è di spalle, gli potrei essere subito addosso.
Una mano sulla bocca mi darebbe il tempo di gustarmi ogni sua goccia di sangue senza che possa emettere un grido.
No…
Devo cercare di resistere, stringo i pugni tanto da piantarmi le unghie nei palmi.
Finalmente fa per uscire, si volta per dare un’ultima controllata, si rigira nuovamente e si blocca.
Cosa ha visto?
Forse me?
No, impossibile, allora cosa?
Sgrano gli occhi stupendomi della mia stupidità, ho lasciato quel dannatissimo schedario aperto.
Potrei restare qui nell’ombra, non mi noterebbe, o forse mi costringerebbe ad ucciderlo…
In una frazione infinitesimale di secondo mi decido.
Scatto in avanti con una rapidità sovrumana, mantenendo comunque un silenzio tombale.
Spingo dentro il cassetto, ringraziando l’ispettore che ha tenuto ben oliate le rotaie di scorrimento del cassetto, che non fa il minimo rumore, e poi torno nell’ombra, sperando che i miei occhi, ora rosso fuoco, non spicchino troppo nell’oscurità.
L’ispettore si gira verso lo schedario, i suoi occhi vanno alla chiave che dondola leggermente.
Dannazione, è veramente un osservatore nato!
Rimane li, fermo impalato per un paio di secondi eterni.
La sete torna a chiamarmi.
Se mi vedesse porterebbe subito la mano alla pistola, ma non avrebbe speranze, sarei addosso a lui in un battito di cuore.
Gli afferrerei subito il polso destro e glielo sbriciolerei senza fatica, anche se a causa della manovra necessariamente rapida e potente ci sarebbe il rischi di far schizzare alcune schegge d’osso fuori dal suo braccio, sporcando di sangue.
Con la mano destra, intanto, potrei affondare il mio pugni nel suo sterno, con una breve rotazione verso il basso, in modo da spostare il suo diaframma in modo che non possa spingere per far uscire l’aria dai suoi polmoni, morirebbe senza poter gridare, ma il rumore della sua cassa toracica sfondata sarebbe troppo forte, e poi il suo sangue schizzerebbe ovunque… no… probabilmente lo colpirei con le dita tese alla base della gola, sfondandogli la trachea e storpiandogli le corde vocali senza che possa gridare, senza un grosso spreco di sangue e rumore.
Si, questo non lo ucciderebbe all’istante, ma non importa poiché la manciata di secondi precedenti al suo trapasso sarebbe dedicata a soddisfare la mia sete…
Deglutisco rendendomi conto dei miei pensieri, certo, non sarebbe la prima volta che uccido un mortale in un modo simile, ho usato anche tecniche ancora più fantasiose, ma non ho mai ucciso un innocente. Non voglio ucciderlo. Utilizzerò anche tutta la mia dannatissima riserva, ma non lo ucciderò.
Lui però ora guarda proprio verso di me, stringendo gli occhi cercando di penetrare l’oscurità.
Non vedermi.
Non vedermi.
NON VEDERMI!
Quasi glielo grido in faccia, ma alla fine sembra aver sentito i miei pensieri.
Sospira, scrollando le spalle e si allontana.
Ho il desiderio di sedermi, accasciarmi e rilassarmi, di ridere per lo stress e il pericolo scampato, pericolo per lui e la mia coscienza, ma so bene che è meglio allontanarsi il prima possibile.
Arrivo alla porta e sbircio nel corridoio.
L’ispettore si è già allontanato, tendo l’orecchio e sento la sua voce –Buon lavoro Will- seguita dalla risposta del centralinista –‘Notte Charlie-.
L’ispettore esce, chiudendosi la porta alle spalle.
Attendo un paio di minuti, proprio quando “Will” si alza per andare in bagno, ed esco, allontanandomi dalla stazione di polizia e dirigendomi al parcheggio in cui avevo lasciato l’auto, a duecento metri da li.
Sono quasi arrivato all’auto quando percepisco un movimento, qualcuno che si nasconde alle mie spalle.
Continuo a camminare, facendo finta di nulla, i miei occhi saettano da una parte all’altra alla ricerca di ripari ed armi improvvisate, ma prima di poter costruire una tattica ideale qualcuno spunta fuori da un’auto parcheggiata e mi si para davanti.
-Fermati…- Mi dice, è un altro vampiro di Forks, sulla trentina, dopo di lui esce un’altra donna, abbastanza carina, direi, che si schiera alle sue spalle.
Dietro di me sento due persone prendere posizione, con una rapida occhiata noto che sono Il Rosso e la vampira più piccola, con i capelli neri.
Quasi contemporaneamente Il Grosso si schiera alla mia sinistra e alla mia destra compaiono l’ultimo vampiro e la ragazza con i capelli biondi.
Stanno a tre metri da me e nessuno sembra aver voglia di avvicinarsi, forse hanno una vaga idea di con chi hanno a che fare, ma non credo, se no saprebbero bene che tre metri sono troppo pochi.
Il lato alla mia destra sembra il punto più vulnerabile: Il Rosso è troppo sveglio, Il Grosso doveva essere molto forte già in vita, considerando la muscolatura, quindi non oso pensare a che potenza possa avere ora, l’uomo davanti a me sembra essere il leader, quindi probabilmente è il più antico.
Alla mia destra, però, sono presenti due vampiri abbastanza anonimi.
Potrei scattare rapido ed atterrare il maschio con pochi colpi, la femmina mi sarebbe già addosso, così mi risparmierebbe di usare qualche centesimo per prenderla.
Potrei usarla come ostaggio, ma non credo funzionerebbe.
Il Rosso mi parla –Calmati, non funzionerà, Jasper e Rosalie non sono deboli come pensi…-.
Ma che diavolo…?
Come fa a sapere che stavo pensando di colpire loro?
Ah… Ecco il bastardo… Ora capisco come mai mi è sembrato così sveglio…
Mi sai leggere la mente, vero, bastardo?
-Si…- dice, rispondendo ai miei pensieri.
Il vampiro leader azzarda un passo in avanti.
-Non ti preoccupare, abbiamo bisogno di parlare con te, vieni dove non c’è il rischio di coinvolgere innocenti-
Mi indica un grosso fuoristrada parcheggiato li vicino.
La mia sete è troppo forte per sperare di poter reagire lucidamente in un combattimento contro sette vampiri, non avrei speranze, devo accettare l’invito.
-Va bene… Vengo con voi, però devo prendere una cosa dall’auto…-




Le due auto svoltarono con calma nel viale che portava a casa Cullen.
I fari della Volvo illuminavano il paraurti del fuoristrada, su cui viaggiavano Emmet, Carlisle, Jasper ed il nuovo arrivato.
Jasper aiutava a mantenere la calma del nuovo giunto, isolato nel sedile posteriore in compagnia di Carlisle, che stranamente non si voleva allontanare dalla ventiquattr’ore nera che aveva preso dal suo baule.
Alice, guardò con un sorriso Edward, che stringeva, teso, il volante della Volvo.
-Dai, alla fine è andata diversamente da come avevo visto…- gli disse per cercare di calmarlo.
Rosalie annuì dal sedile posteriore –Si, saremmo potuti arrivare in ritardo… Per fortuna Alice ha visto come si sarebbero sviluppate veramente le cose ed abbiamo potuto portarlo via senza rischi-
Edward si voltò indietro, seguendo la strada che sapeva a memoria –Non senza rischi! Quel folle stava pensando a come poter abbattere te e Jasper per cercare di scappare. È pericoloso! Voi non potete immaginare che ho visto nella sua mente mentre eravamo fuori dalla stazione di polizia! Se avesse perso il controllo non avremmo potuto fare niente!-
Esme sospirò ed appoggiò una mano sulla spalla di Edward –Calmati, ora siamo a casa, non può fare nulla! Jasper ha detto che ora è calmo…-
-Era solo rassegnato… Non calmo! E so per certo che sta solo aspettando il momento per agire!- la interruppe edward.
Esme si schiarì la voce, a sottolineare che non sopportava essere interrotta, e continuò -… dicevo, Jasper ha detto che è rilassato, in più Alice non vede nessuna minaccia! Inoltre a me non è sembrato così aggressivo-
Edward scosse il capo mentre parcheggiava l’auto davanti casa –Non sembra aggressivo a causa del suo atteggiamento e del suo portamento rilassato… Ma se vedessi cosa c’è nella sua mente non saresti così calma!- spense l’auto e scese, richiudendo lo sportello alle sue spalle ed avvicinandosi al fuoristrada.
Nel giro di pochi secondi scesero tutti ed entrarono in casa.
Il nuovo arrivato, tenuto sempre sotto controllo, entrò guardandosi in giro, annuendo e sorridendo.
-Wow! Che casa magnifica! Chi l’ha arredata?-
-Ognuno ha messo qualcosa di suo, ma in particolare è Esme l’arredatrice…- rispose Carlisle.
Il Vampiro si voltò verso di lei e le sorrise, un sorriso da ragazzo spensierato e non di un pazzo –Complimenti veramente! Hai veramente un gusto eccezionale!-
Esme rispose con un semplice –Grazie...- ed un sorriso, non sapendo ancora come comportarsi con il nuovo arrivato.
Carlisle indicò un divano del salotto -Prego, accomodati...-
Il Vampiro, però si strinse lo stomaco e guardò il padrone di casa con un leggero imbarazzo -…ehm… Non potremmo andare in sala da pranzo?-
Carlisle guardò Edward, che fece spallucce, simbolo che non era un piano per scappare o attaccare qualcuno.
Si sedettero tutti attorno al grande tavolo in mogano, ai due capi della tavola sedevano Carlisle ed il nuovo, vicino al quale erano seduti Emmet e Jasper.
Dopo essersi seduti passò qualche istante di imbarazzante silenzio.
Il viaggio e l’arrivo a casa si era svolto tutto in un silenzio spettrale, come se alla prima parola pronunciata dovesse accadere qualcosa di terribile.
Alice prese coraggio e rivolse la parola al nuovo arrivato, che non sembrava per nulla a disagio –Scusa, ma non ci hai ancora detto il tuo nome…-
Lui le sorrise –Beh, neanche voi! A parte Jasper, Rosalie ed Esme- indicò i tre – Non vi conosco ancora… Se volete, però, potete chiamarmi Ares. Potete pronunciarlo così, come si scrive, o al modo Americano: “Air-ees”, tanto suona bene comunque…- il sorriso rassicurante e calmo non abbandonava mai il suo volto, cosa che contrastava con i suoi occhi neri come la pece.
Rosalie aggrottò una sopraciglia –Ares? Che nome strano! Da dove vieni? Grecia?-
Ares scosse il capo –No, sono italiano… E poi è un nome d’arte!-
Edward lasciò per un attimo alle spalle la sua sospettosità –Nome d’arte? E perché?-
-Beh, datemi qualche minuto e vi spiego tutto… Esme, avresti una pentola?-
Esme si stupì di quella domanda così strana e rispose solo dopo un po’ –Si… Certamente… Anche se, come potrai immaginare, non cuciniamo molto spesso!-
Ares si alzò –Oh, non è un problema, basta che vada il gas!- si avvicinò ad uno sportello della credenza che gli aveva indicato Esme, prese una pentola abbastanza grande e, dopo averla riempita d’acqua la mise sul fuoco.
Tutti guardavano le sue operazioni con curiosità.
Prendendosi qualche libertà, Ares aprì anche gli altri scomparti della credenza, fino a trovare alcuni Flute ed un cavatappi.
-Si può sapere che stai facendo?- chiese Emmet
Ares continuò a disporre l’occorrente sul tavolo senza guardarlo –tra un secondo lo scoprirai-
Sollevò la valigetta e, facendo scattare le serrature, la aprì.
All’interno erano presenti tre bottiglie di vino. Fece scorrere il dito sulle etichette e con un’aria soddisfatta ne prese una.
Tutti lo stavano guardando con aria interrogativa.
Chiuse la valigetta e sollevò la bottiglia, all’altezza del viso, indicando un angolo dell’etichetta sbiadita, era la normale etichetta di un vino italiano, ma nella parte inferiore c’era stato scritto qualcos’altro –Assassino Veneziano del ’98… Un’ottima annata…- disse lasciando i presenti a bocca aperta.
Edward si alzò in piedi sbattendo con forza controllata i pugni sul tavolo, alzando la voce –SCHIFOSO MOSTRO!!! MA CHI TI CREDI DI ESSERE??? LURIDO BASTARDO!!! –
Il silenzio calò nella sala da pranzo, rotto solo dal lieve rumore del gas che scaldava la pentola.
Ares era serio, non aveva più il suo sorriso sulle labbra, parlò con voce calma, bassa, in netto contrasto con la sfuriata di Edward –Io non sono un mostro, questo era un mostro…- sollevando in modo impercettibile la bottiglia -… Io porto la giustizia e la tranquillità con le mie mani, e tu parlami ancora in questo modo e non vedrai mai più la luce del sole…- il suo tono serio e minaccioso cambiò di colpo in uno quasi spensierato -… Non che questo sia una grande perdita per te qui a Forks!-
Carlisle fece cenno ad Edward di sedersi –Vi prego, calmatevi! Siamo qui per discutere! Non per accusare o per minacciare di morte! Quindi finitela e comportatevi in modo più maturo!-
Edward si sedette con le mascella serrate, Ares sollevò una mano in segno di scuse –Chiedo venia… Comunque io mi sono presentato, ma non ho avuto il piacere di conoscervi- terminò la frase e con un gesto esperto stappò la bottiglia.
Stava per cominciare il giro di presentazioni quando l’aroma del sangue umano, anche se freddo, si diffuse per la stanza, fortunatamente la caccia di quel pomeriggio impedì ad alcuni di loro di perdere la calma.
Ares inspirò a pieni polmoni il dolce aroma, per poi immergere la bottiglia nell’acqua che si stava scaldando.
Jasper parlò, ma non per presentarsi -… Fammi capire bene… Tu imbottigli il tipo di sangue che ti piace di più e lo conservi… Poi lo riscaldi a bagnomaria per berlo?- la sua espressione era esterrefatta.
Ares annuì –Certo, la valigetta ha un piccolo sistema di refrigerazione interno, così posso portarmi via dalla mia collezione alcuni tra i miei preferiti senza danneggiarli. Però non si può certamente bere il sangue freddo!- Fece un’espressione schifata –Sono un buongustaio! Il sangue deve essere consumato in temperatura compresa tra i 37 ed i 40 gradi Centigradi! Di solito le tengo per eventi importanti o per situazioni di emergenza, e questa sera è entrambe le cose!-
Esme scosse il capo con gli occhi sgranati –no… non ci credo…-
Ares le sorrise –Beh, tra pochi istanti vi farò assaggiare questa fragranza eccezionale e capirete perché lo faccio! Anche se il vostro palato non fosse raffinato come il mio!-
Carlisle lo osservò mentre toglieva la bottiglia da dentro la pentola, la asciugava e si avvicinava ai bicchieri, poi deglutì e prese la parola –Ma noi… Noi non beviamo sangue umano…-
Ares si immobilizzò mentre stava per versare, gli occhi rimasero incollati al bicchiere -… Come scusa?-
-Si, abbiamo deciso che nutrirci di uomini sia una cosa troppo pericolosa per la nostra coscienza. Cacciamo animali, e ci sostentiamo con il loro sangue. Ci definiamo “Vegetariani”…-
Ares versò il sangue nel suo Flute senza dire una parola, si sedette pesantemente sulla sedia ed appoggiò la bottiglia.
Sembrava che non esistessero gli altri, era completamente nel suo mondo.
Edward entrò nei suoi pensieri, e scoprì che stava valutando a come fosse possibile sopravvivere solo con il sangue animale, rinunciando al piacere del palato. Si accorse anche che Ares pensava a quei poveri animali innocenti, credeva che fosse meno terribile uccidere un uomo che altro!
Ares prese il suo bicchiere e, bevve, cercando di trattenersi dallo scolare tutta la bottiglia in una botta sola.
Appoggiò il Flute vuoto sul tavolo e finalmente riprese a parlare –però vedo che non tutti voi sembrano essere felici di questa scelta…- guardò Jasper, visibilmente incantato dal bicchiere ancora sporco e dall’odore di sangue nell’aria.
Carlisle lo difese –Semplicemente alcuni di noi si sono aggregati alla famiglia da poco, ed è difficile abituarsi…-
Ares annuì, riempiendo nuovamente il calice, parlò, ma questa volta non c’era cortesia nella sua voce, anzi, era possibile individuare tracce di irritazione -… I vostri nomi…-
-Uh… Già…- Esme fu la prima a reagire – Scusaci è che è una cosa così strana avere qualcuno di nuovo a casa… Ehm, beh, il mio nome è Esme, come sai già, poi c’è Carlisle, Edward, Rosalie, Emmet, Jasper ed Alice…- Disse indicandoli uno alla volta.
Ares era appoggiato allo schienale con il bicchiere in mano che memorizzava i vari nomi.
Sul suo volto si ridisegnò il suo sorriso rilassato –Bene! Non ci voleva molto, no?-
Alcuni dimostrarono un po’ di imbarazzo per la maleducazione dimostrata.
Ares continuò –Se non è inopportuno, quali sono i vostri campi di specializzazione? Cioè, perché siete stati Abbracciati?-
I famigliari Cullen si guardarono l’un l’altro cercando di rispondere alla strana domanda.
Carlisle provò per primo –Campo di specializzazione dici? Io sono un medico, non so se ho risposto alla tua domanda… Ma sono stato reso vampiro se vogliamo dirlo “per caso”…-
Ares sgranò gli occhi –COSA??? Questo è ancora peggio dell’essere vegetariani!!!-
Carlisle lo guardò con aria severa, visibilmente offeso, ma lui continuò -… Scusa eh, ma volete dire che siete stati tutti abbracciati “Per Caso”???-
-No…-Intervenne Edward –Siamo stati “Abbracciati” come dici tu, semplicemente perché non avevamo più nulla da perdere, e Carlisle ci ha dato una seconda possibilità! E tu perché saresti stato abbracciato?-
Ares sospirò, amareggiato –Capisco… Da dove vengo io, vengono tramutati in vampiri solo umani dotati di qualità e talenti non comuni, superiori alla media, in modo da poter aspirare alla perfezione! Lasciate che vi spieghi…- si schiarì la voce, prima di riempire nuovamente il bicchiere. Aveva tutta l’attenzione della famiglia Cullen su di se.
-Immaginate se Einestein fosse stato trasformato in vampiro, a che punto sarebbe ora la fisica e la tecnologia? E se fosse stato trasformato Mozart o Beetoven, che melodie meravigliose ci sarebbero ora? Pensate ai quadri di Giotto, alle invenzioni di Da Vinci o alle poesie di Boudelaire… Immaginate la loro arte amplificata milioni di volte e prolungata per l’eternità… Immaginate cosa hanno fatto in vita e elevatelo al cubo! Pensate a persone come Ghandi, capaci da sole di portare la pace in uno stato! Pensate a che mondo sarebbe se lui avesse avuto la possibilità di amplificare la sua influenza come per noi è stata amplificata ala velocità e la potenza… Pensate a che paradiso meraviglioso sarebbe la terra…- I suoi occhi sognavano, persi in un altro mondo.
Alice gli sorrise –Capisco, abbracciate solo artisti e persone con talenti molto spiccati, quindi…-
Ares annuì, sorridendole –Si, solo che non possiamo rendere vampiri persone troppo famose, sarebbe troppo evidente la loro scomparsa e chiunque potrebbe riconoscerli. Qualcuno sostiene che Elvis in realtà non sia morto, ma credo siano solo voci!-
Emmet ridacchiò al pensiero.
-Ognuno di noi ha un’abilità innata, resa ancora più forte dalla natura vampirica. Il mio sire… Jerome… - pronunciò quel nome con emozione e dolore. Edward guardò nella mente di Ares e vide il viso sorridente di un vampiro con gli occhi ed i capelli scurissimi e la pelle olivastra, non candida come la loro. –Jerome era un Documentarista francese del secolo scorso… Era un osservatore nato, l’unico capace di avvicinarsi a pochi metri da linci selvatiche senza che queste si accorgessero di lui. Negli anni sessanta, da Vampiro, era conosciuto come “L’Uomo delle Ombre” da alcuni detenuti siciliani. Vi assicuro che neanche quello che tra di voi ha i sensi più acuti sarebbe stato capace di ascoltare i suoi passi a due metri di distanza!- ridacchiò –era la creatura più silenziosa mai esistita…-
-Perché parli al passato? Che gli è successo?- chiese Emmet.
Il sorriso sognatore di Ares si spense, poi bevve tutto d’un fiato il contenuto del bicchiere, riempiendolo per l’ennesima volta, senza rispondere.
-Oh… Scusa…- cercò di rimediare il vampiro nerboruto.
-Di niente…- disse senza molta convinzione l’ospite.
Alice si guardò intorno e si accorse che quella stessa situazione era una di quelle che aveva visto nella sua visione, con l’ombra, rivelatasi un nuovo vampiro, seduto alla loro tavola. Sorridendo si accoccolò sulla sedia, ascoltando la conversazione.
Tutti si stavano facendo la stessa domanda, ma Jasper fu il primo a farla:
-Quale sarebbe la tua specialità? Perché sei stato abbracciato?-
Un sorriso strano, come quello di un predatore che arriva addosso alla sua preda inerme si dipinse sul volto di Ares.
-Forse è più semplice se te lo mostro…-

 
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Alchiriel
view post Posted on 29/1/2008, 08:50




[vediamo se sono riuscito ad eludere il "risparmiaspazio automatico" del forum]

Mi alzo in piedi mentre riempio l’ultimo bicchiere di vino.
Riappoggio la bottiglia vuota sul tavolo e bevo il sangue, sentendo il dolce aroma scendere nella gola.
Guardo Jasper, e con un gesto lo invito ad alzarsi.
Con Edward sarebbe stato un po’ più difficile, ma per evitare di rovinare la sorpresa libero la mente, concentrandomi sul sapore del sangue.
-Avvicinati…- dico.
Riappoggio il bicchiere vuoto, socchiudendo gli occhi ed inspirando.
Devo tenere la mente pulita, non devo pensare, il mio istinto basterà.
-Colpiscimi…- dico a Jasper.
Lui ovviamente mi guarda con stupore, -Come? Cosa intendi?-
Sospiro –Attaccami, cerca di colpirmi, di stendermi…-
Guarda per un attimo gli altri seduti alla tavola che ci guardano con curiosità e sospetto.
Abbasso lo sguardo, intravedo solo la sua ombra sul pavimento ed il suo corpo con la coda dell’occhio.
Si decide.
Fa un piccolo passo avanti e tenta di colpirmi con un gancio.
Percepisco il colpo abbastanza lento e debole per le sue capacità: si sta trattenendo.
Non che ciò fosse necessario…
Il mio corpo si muove da solo, la mia mente è vuota, completamente e totalmente incentrata al presente.
Non esiste il passato.
In fondo al mio pensiero, quel po’ di razionalità che non si può mettere a tacere, quella freddezza che impedisce al mio istinto di farmi agire come una bestia, pensa al futuro immediato, un paio di decimi di secondo avanti a quello che sto facendo.
La mia mano destra intercetta il suo pugno mentre mi piego in avanti, lasciando che il suo colpo vada a vuoto sopra la mia schiena.
Mi chino ancora di più ed alzo la mia gamba destra all’indietro.
Giro la mia mano, ancora a contatto con il suo polso e lo afferro, sbilanciandolo in avanti, nel preciso istante in cui il mio piede lo centra in pieno volto.
L’ho appena sfiorato, e barcolla per un istante cercando di capire cosa è successo.
Quando mi mette a fuoco io sono già tornato nella mia stessa posa di prima, con lo sguardo in basso.
Carlisle ed Alice sono già in piedi, pronti a reagire.
Edward è ancora seduto, evidentemente deve aver cercato di vedere i miei pensieri mentre mi basavo sul mio istinto.
-Che diamine fai?- mi chiede Carlisle, aumentando il suo tono più del solito.
-Vi mostro cosa so fare…- rispondo mentre controllo Jasper, ovviamente il mio colpo è arrivato esattamente con la potenza che volevo, avrebbe rotto il naso ad un umano, ma non ha causato alcun danno al mio avversario.
Si alza anche Emmet e fa un paio di passi verso di me –Non ci provare bello…- mi minaccia.
Li guardo uno per uno, soppesandoli.
-Come Euclide sta alla geometria, Come Dante sta alla Letteratura, io sto alla guerra. Sono stato abbracciato per raggiungere l’apice del combattimento, l’apoteosi dello scontro…-
Noto la curiosità di Jasper, Alice ed Emmet, contrapposta al quasi disgusto di Esme e Carlisle.
Rosalie non mostra particolari reazioni, come se avessi appena commentato il tempo fuori. Edward, ovviamente, mi mostra la sua ostilità, non so se mi teme, ma se fosse saggio lo farebbe.
Mi volto verso Carlisle ed Esme –Non disprezzatemi per le mie capacità, non provate disgusto, perché l’arte della battaglia è l’arte più varia e bella. Prima della scultura, della pittura, ancor prima della scrittura gli uomini studiavano tecniche di combattimento. Ed io sono il prodotto di questi millenni di studi, ma ancora non rendo onore alla mia arte-
Emmet ridacchia, forse emozionato, forse impaurito o semplicemente stupito dalla mia rivelazione. Si risiede, è il primo a reagire.
Con un sorriso, mi siedo anche io, ben sapendo di aver guadagnato prestigio agli occhi di qualcuno ed averlo perso agli occhi di qualcun altro.
Guardo Edward.
-Però tu sei qualcosa che non avevo mai visto… Puoi leggere nella mente… Sei solo tu o potete anche voi?- chiedo agli altri.
-Posso solo io- mi risponde subito lui -… anche se alcuni di noi hanno delle capacità speciali simili-
Lo guardo, interessato.
-Che tipo di poteri?-
Alice sorride al fratello e prende la parola –Io posso vedere il futuro… Le varie strade che può prendere il destino. Per questo sapevamo che eri alla stazione di polizia, ti avevo visto uccidere l’Ispettore Swan, ma per fortuna ho visto anche tu che riuscivi a trattenerti. Jasper, invece, può passare ai presenti le sue emozioni, calmando quando qualcuno è agitato o altre cose ancora-
Mi appoggio allo schienale mentre penso, stupefatto, portandomi una mano al mento.
-Forse non avendo una particolare capacità da amplificare il potere del vostro sangue è passato ad abilità meno accentuate. Avevo già visto qualcosa di simile al dono di Jasper, tipico dei condottieri e delle personalità carismatiche, ma mai nulla di simile ai poteri di Alice!-
Sto ancora pensando alle loro capacità quando Rosalie, rimasta silenziosa per quasi tutta la discussione, decide di cambiare argomento –Quindi, è per la tua attitudine al combattimento che il tuo nome d’arte è Ares? Non lo consideri eccessivo?-
La guardo, è bella anche per la natura di Vampira, mi piego leggermente in avanti, appoggiando i gomiti sul tavolo –pensa alla vostre abilità di combattimento. Quanti umani potreste uccidere da soli? Quaranta? Cinquanta? Pensate ora alla facilità con cui io posso sconfiggere un altro vampiro. Voi siete Dei agli occhi dei mortali, ed io, in fatto di battaglia, sono il massimo che la nostra condizione può offrire. Lasciamo la modestia per altri momenti. Potrei uccidere cento, duecento umani, magari anche armati, e loro potrebbero reagire solo scappando o accettando la morte. No, non credo che sia eccessivo. Su questa terra sono, effettivamente, il Dio della Guerra-
Come previsto, mi guardano come se fossi un folle, ma sono loro che non capiscono. Hanno potenzialità enormi, anche se non possono aspirare alla perfezione di un campo.
-Siete anche voi Dei, solo che avete deciso di considerare gli umani superiori a voi, nutrendovi di animali. Non che per la nostra natura noi dovremmo sbranare tutti gli umani che incontriamo, ma potreste aiutare il mondo a diventare un posto migliore. Con le vostre capacità potreste individuare assassini e criminali prima che compiano efferatezze, mentre io mi posso limitare solo a giudicarli ed eventualmente eliminarli. Talvolta la giustizia umana è inadeguata, e c’è bisogno di qualcuno che mantenga un equilibrio-
Carlisle inclina leggermente il capo –Vuoi dire che tu ti nutri solo di criminali? E se fossero innocenti? Perché ti consideri superiore ai giudici umani? Se loro non sono in grado di decidere una pena, perché lo fai tu?-
-Ma io non mi considero superiore, IO SONO superiore a tutti i giudici mortali, e tutti voi lo siete. Dovete solo capirlo. Noi siamo i formichieri e loro sono le formiche. La unica nostra possibilità è scegliere come comportarci. Io ho deciso di essere la giustizia. Ho deciso di raddrizzare i torti che queste dispettose formiche si fanno di continuo. Sono stato anche in Iraq ed Afghanistan , mi sono nutrito come non mai, ma alla fine me ne sono dovuto andare, poiché c’erano troppe ingiustizie, troppo dolore, troppi innocenti che soffrivano e non potevo fare nulla… Era troppo anche per me-
Ci fu silenzio per qualche secondo, interrotto poi da Alice –Quindi cosa fai qui? Qui non ci sono criminali o guerre… Magari nelle metropoli come New York o New Orleans potresti trovare le prigioni abbastanza affollate, ma qui a Forks…-
-Ero venuto in america non per nutrirmi, ma semplicemente per fare un viaggio da Turista. Si, lo so che sembra strano, ma ho l’eternità davanti a me, quindi non ho scuse per non visitare tutte le parti del mondo! Sono finito qui per puro caso e conoscervi è stato un fatto inaspettato. Qui a Forks, infatti, non c’è nulla per me-
Mi rendo conto solo ora che anche se non li conosco ho parlato così tanto con loro, forse avevo bisogno di qualcuno con cui parlare, sono solo ormai da quasi due settimane e ogni volta che mi siedo in auto trovo strano vedere il sedile di Jerome vuoto.
Ma non voglio più soffrire così.
Ho parlato con loro, ma so bene che mi disprezzano per ciò che sono, desiderano solo di poter tornare il prima possibile alle loro normali vite.
-Datemi il tempo di fare il pieno e mi toglierò subito dalle scatole, non vi darò più fastidio e non sentirete più parlare di me-
Mi alzo, afferro la bottiglia vuota che mi potrà sempre essere utile e prendo la mia valigetta.
Tutti non sanno cosa dire,e se ne stanno seduti, però guardano Edward, non me.
MI accorgo solo in quel momento che mi sta guardando non con il suo solito disprezzo, ma con una strana luce negli occhi, sembra quasi… Compassione?
-Ares, aspetta…- la sua voce è indecisa, come se si sentisse obbligato a dovermi parlare -… se vuoi, puoi restare per un po’…-
Ah, cavolo! Mi deve aver letto nella mente!
Odio essere compatito!
Non volevo che la storia di Jerome fosse pubblica…
-Non preoccuparti- mi dice –ti lascerò la privacy che meriti…-
Vuoi dire che non parlerai con nessuno di quello che hai visto nella mia mente?
Non voglio che si pensi che ho bisogno d’aiuto…
Lui annuisce.
E’ comodo dover parlare senza usare la bocca.
Sospiro, forse un po’ di compagnia nuova mi farà bene –Va bene, vi ringrazio, ma starò qui solo un paio di giorni, e prometto che non vi darò fastidio!-
Esme sorride ad Edward, ed Emmet ride, dandomi una pacca sulla spalla.
-Benvenuto in casa Cullen!-
Forse non starò così tanto male…



Edward e gli altri erano appena tornati da scuola, sembrava fosse passato un secolo dall’incontro con Ares, invece era successo solo la sera prima, dopo aver portato la sua auto da loro si era allontanato, e non era ancora tornato.
Emmet si rivolse ai fratelli: -Ragazzi, ieri non sono riuscito a cacciare a dovere. Pensavo di andare a caccia…-
Gli altri si guardarono un po’ perplessi, Rosalie, in particolare era la più preoccupata.
-Suvvia, gente… Ora sappiamo che Ares non è una minaccia! Non c’è motivo di avere paura!-
Jasper fece spallucce ed annuì in direzione di Emmet –Ok, ti aspetteremo… Cerca di tornare prima di sera, o almeno facci sapere se tardi. Se no ti veniamo a cercare, eh!- gli sorrise.
Emmet rise leggermente –Non preoccupatevi! Credo di sapermi difendere!- si avvicinò a Rosalie, ancora un po’ restia a lasciarlo andare. e l’afferrò per i fianchi, appoggiando la sua fronte a quella di lei –tranquilla piccola, non succederà nulla…-
Alla fine anche lei si arrese –Amore… Va bene, ma ti prego, fa attenzione-
Dopo averle dato un bacio, Emmet salì sul suo fuoristrada, salutando i fratelli ed allontanandosi.
Anche se non voleva darlo a vedere, in fondo, era preoccupato anche lui.
Parcheggiò il fuoristrada a pochi chilometri da casa, deciso a non allontanarsi troppo.
Peter Mullins, un alunno del quarto anno aveva raccontato che qualcuno, quella notte aveva rubato i contrappesi dai trattori di suo padre.
Erano semplicemente delle lastre di piombo usate per impedire che i trattori si ribaltassero usando attrezzi molto pesanti. Chi avrebbe mai potuto usare mezza tonnellata di piombo? A cosa potrebbero mai servire?
Ne aveva parlato anche con gli altri, ed avevano discusso anche di Ares, ma cosa se ne sarebbe fatto?
Sceso dal Fuoristrada, Emmet decise di concentrarsi sulla caccia, sospirò, con gli occhi chiusi, lasciando che le sue percezioni raggiungessero i massimi livelli, poi scattò, correndo silenziosamente nella foresta.
La magnifica sensazione della caccia riempì il suo cuore, muovendosi silenzioso come un ombra e potente come non mai.
Nonostante corresse rapidamente i suoi sensi tesi percepivano ogni singola cosa intorno a lui, il cinguettio di alcuni volatili sopra la volta della foresta, il frusciare delle fronde mosse dal vento, il rumore prodotto da alcune lucertole che si nascondevano nel sottobosco al suo passaggio, il rosicchiare di uno scoiattolo dentro un tronco cavo… Poteva vedere il risplendere dell’umidità accumulata su alcune ragnatele tra gli alberi, splendenti come microscopiche autostrade di cristallo, e la luce del sole che passava tra le foglie, facendo sembrare che fosse intrappolato dentro un enorme smeraldo. Poi il profumo della terra, delle more sui rovi, il sapore della pioggia e il vento fresco sul viso, la montagna che si innalzava poco distante sopra la foresta. Il lontano martellare di un picchio sul tronco e… il rumore di ferro contro ferro…
Emmet si immobilizzò, concentrandosi su quel rumore, proveniva dalla direzione della montagna ed era lieve, occasionale, e non regolare.
Silenziosamente, si diresse verso l’origine del suono.
Arrivò in un piccolo spiazzo, in cui la foresta si incontrava con la roccia della montagna.
Gli alberi erano radi, addirittura assenti nei pressi di una parete di roccia di appena sei metri di altezza, che subito si trasformava nel fianco della montagna vero e proprio, con la sua vegetazione e la vita che si attaccava a quello strapiombo.
Attaccato ad una roccia ad un paio di metri da terra, stava Ares.
Le sue gambe erano piegate indietro, come se fosse in ginocchio nell’aria, per non toccare la parete. Le sue mani stringevano con forza la pietra, tanto che si potevano notare tracce del suo sangue secco sparse per gli appigli più bassi.
Aveva creato una specie di imbracatura con dei tubi d’acciaio, con la quale sosteneva, attaccati alla sua schiena, i pesi.
Lentamente si issava e si rilassava, facendo delle trazioni con cinquecento chili di piombo attaccati alla schiena.
Emmet era sbalordito, Ares non era corpulento o grosso, e sicuramente non massiccio come lui, eppure quella dimostrazione di forza lo colpì.
Lui sicuramente sarebbe riuscito a fare di meglio, ma non si aspettava che quel ragazzo dal fisico così snello possedesse una potenza simile.
Ares si issò per l’ultima volta, facendo tintinnare rumorosamente i contrappesi sulla sua schiena, poi si lasciò cadere, toccò il suolo con potenza eppure il suono che fece fu relativamente limitato, anche se i pesi sballottarono un po’.
Nascosto tra gli alberi, Emmet lo osservava, curioso.
Ares si voltò, incrociando il suo sguardo. Era convinto di essersi mosso con una silenziosità sublime, eppure lo aveva notato subito.
Togliendosi i pesi con qualche manovra complessa, Ares gli sorrise –Ti va di fare un po’ di allenamento?-
Emmet rise, avanzando nella radura con passo deciso –Certo! Voglio vedere che sai fare!-
Ares fece un leggero inchino con il capo –La stessa cosa vale per me, Emmet!-
Afferrò un peso da 75 chili e lo scagliò verso Emmet, che sollevò un braccio e lo bloccò a mezz’aria, indietreggiando in modo appena impercettibile.
Ares sorrise, alzando il pollice in segno di approvazione –Non male, non male davvero!-
Emmet lo guardò, poi gli ritirò il peso a sua volta.
Ares guardò il contrappeso di piombo volare nella sua direzione come un missile, rapido come un battito di cuore si spostò di lato, togliendosi dalla traiettoria del proiettile.
Il peso si schiantò con un boato contro la parete di roccia, sbriciolando alcune pietre.
Ares guardò il danno provocato dal contrappeso, ma quando si voltò nuovamente verso Emmet, questi gli era affianco –Non male, eh?-
Entrambi si misero a ridere.

Ares dimostrò il suo livello atletico veramente impressionante, ma ad ogni prova di forza, Emmet si faceva notare con la sua potenza mostruosa.
Era capace di sollevare la mezza tonnellata di piombo solo con il braccio sinistro.
Nella gara di salto erano più o meno alla pari, entrambi con un peso uguale sulla schiena cercavano di spiccare il balzo più alto, ma per quanto Emmet avesse forza, Ares era più adatto al salto, con il suo fisico longilineo ed atletico, eppure nessuno dei due riusciva ad imporsi sull’altro.
Ares vinse nella corsa e nella scalata, ma Emmet vinse ogni prova di sollevamento pesi o dimostrazione di forza.
Avevano sradicato anche alcuni alberi ed altri avevano il tronco ammaccato.
Avevano passato insieme quasi tre ore, divertendosi e misurandosi in continuazione, la loro competizione non li mise uno contro l’altro ma instaurò un legame, simile al cameratismo dei soldati.
Entrambi si misero a sedere, eppure non erano stanchi: la loro condizione non li faceva stancare mai. Avrebbero potuto correre alla massima velocità per giorni, senza mai perdere fiato o avere crampi.
Emmet respirò il profumo della foresta a pieni polmoni, poi rivolse la parola al suo compagno –Ares, ero venuto qui per cacciare e non voglio tornare a casa senza essermi riempito la pancia. Quindi non posso trattenermi ancora a lungo-
Il vampiro italiano si girò verso di lui –Va bene… Anzi… Se vuoi, potresti mostrarmi come si fa…-
Emmet lo guardò con aria interrogativa –Insegnarti? Mi sembra che tu sia un cacciatore almeno quanto me!-
Ares scosse il capo –non ho mai cacciato animali, non so come muovermi nelle foreste. Jerome si, lui cacciava qualsiasi cosa, ma preferirei aver qualcuno che mi faccia da mentore. Finché sono qui non voglio far nulla per mettere a repentaglio la vostra serenità… Per quanto possa fare…-
Emmet annuì, accorgendosi dell’importanza che Ares dava a quella richiesta.
-Va bene, lasciamo qui la roba, tanto torneremo a prenderla dopo… Vieni con me…-
Si alzarono e si avvicinarono alla foresta.
Ares guardò l’amico, che gli sorrise.
-Seguimi!-
Disse Emmet prima di scomparire tra le fronde, seguito dopo pochi istanti da un Ares particolarmente felice.


Lascio che i miei sensi si tendano come mi ha detto poco fa Emmet.
Ora è da qualche parte alla mia destra, nascosto dal sottobosco, ma posso sentire i suoi passi silenziosissimi.
Jerome non avrebbe fatto alcun rumore.
Lascio che la mia mente si liberi e mi immergo in tutto ciò che mi circonda.
Rallento la mia corsa fino quasi a fermarmi, mentre respiro a pieni polmoni un’aria inutile per la mia sopravvivenza.
Un brivido attraversa la mia pelle. Un brivido di piacere.
Sono libero, libero come non lo sono mai stato.
Man mano che i sensi e l’istinto prendono potenza, la mia libertà aumenta.
Finalmente libero da tutto e da tutti, nessun impedimento psicologico, nessun dolore, nessun rimpianto, nessuna morale.
Una lontana voce della mia mente, la mia razionalità, cerca di farmi capire che abbandonato così agli istinti potrei uccidere qualsiasi cosa mi capiti tra le mani.
Sento la mia mente offuscata gridarmi di mantenere il controllo.
Ma faccio ciò che mi ha detto Emmet, e mi abbandono completamente alla passione della mia caccia.
La corsa riprende più rapida che mai, nessuna guardia, nessuna attenzione frena i miei movimenti.
Corro più veloce di qualsiasi creatura vivente, sento una potenza mostruosa scorrermi nelle vene, molto più di quanta ne possa mai voler usare.
Odore di sangue giunge alle mie narici.
Fulmineo come un serpente scatto nella direzione pronto a uccidere.
Sento un rumore metallico ed un grugnito, poi lo vedo, un cinghiale intrappolato in una tagliola.
La mia corsa non rallenta, punto dritto verso di lui, la mia razionalità ormai si è arresa, capisco solo che presto farò terminare le sofferenze di quell’animale.
Il cinghiale si accorge di me quando ormai gli sono addosso.
Tenta disperatamente di difendersi con le sue zanne, ma lo blocco, afferrandone una con la mano destra prima di impattare contro il suo corpo.
Lo scontro tra noi è fortissimo, tanto che rotoliamo per terra per alcuni metri.
Solo quando lo sollevo per portarlo alla mia bocca mi accorgo che la sua zampa si è strappata ed è rimasta nella tagliola.
Poco importa.
Comincia appena a percepire il dolore che subito le mie zanne gli squarciano la gola, uccidendolo all’istante.
Tutta la rabbia ed il dolore accumulato negli ultimi tempi si concentra nella mia bocca nelle mie mani, mentre strazio il corpo senza vita del cinghiale.
Sto ansimando, lordo di sangue e satollo, quando Emmet mi raggiunge.
Sono seduto e la razionalità torna potente come il colpo di un maglio, mentre guardo le mie membra insanguinate e cerco traccia della carcassa del cinghiale, ma non c’è pezzo di carne o osso intatto che sia più grande di una spanna.
Emmet di fissa con stupore misto a paura.
Poi mi sorride, evidentemente dopo aver notato la mia espressione ancora più stupita della sua.
-Nervosetto, eh Ares?-
Imbarazzato per il mio comportamento abbasso il capo, grattandomi la testa -Scusa Emmet… E’ solo che… Non mi ero mai abbandonato ai sensi in questo modo!-
Inizialmente un po’ indeciso, poi sempre più sicuro, si avvicina a me, tendendomi una mano per aiutarmi ad alzarmi.
Accetto il suo aiuto per cortesia, più che per vero bisogno, anche se così sporco la sua mano del sangue del cinghiale.
Lui si guarda nuovamente intorno, rabbrividendo leggermente per la carneficina da me commessa.

Torniamo allo spiazzo d’allenamento senza parlare molto, più che altro descrivo le sensazioni nuove che ho provato nella caccia.
Scopro che anche Emmet è riuscito a soddisfare la sua sete, catturando un Grizzly che, da quel che ho capito, apprezza in particolar modo.
Il sole sta tramontando, mentre io nascondo sotto la vegetazione la mezza tonnellata di piombo che tra qualche giorno, quando me ne andrò, restituirò al proprietario.
Emmet guarda l’orologio al polso, sbuffando un po’, poi mi guarda -a che animale assomigli mentre cacci?-
Lo fisso incuriosito, non riuscendo a capire bene la sua domanda -come scusa?-.
Lui annuisce e sorride -ma si… Ognuno di noi caccia assumendo lo stile di un predatore! Tu sei riuscito a capirlo?-
Ridacchio mentre mi gratto il capo -no, non me ne sono neanche accorto! So solo che ho attaccato con una furia inimmaginabile… Ma non so se qualche animale possa fare qualcosa di simile!-
Mi guarda perplesso -si, forse hai ragione… va beh, studieremo la tua natura un altro giorno! Ora devo tornare a casa! Vieni con me?-
-Devi tornare a casa? Perché, si preoccupano? Il povero piccolo Emmet indifeso?- ridacchio mentre lo provoco.
Lui risponde subito -no, hanno paura di come potrei ridurti!-
Scoppio a ridere.
Ma non è una risata provocatoria, è semplicemente scaturita dal relax di questa situazione.
Da tempo non potevo scherzare così con qualcuno.
Gli do una pacca sulla spalla –Va bene, andiamo a casa!-
Ci incamminiamo spensierati verso casa Cullen, con l’animo insolitamente leggero.
Posso ancora sorridere, posso ancora provare gioia.
Grazie Emmet.
Grazie a tutti.




[consiglio l'ascolto di "requiem for a dream" per il capitolo qui sotto http://it.youtube.com/watch?v=KSY4Yi2ypno ]

Emmet ed Ares arrivarono a casa pochi minuti dopo il tramonto, giusto il necessario per mettere un po’ di agitazione nei cuori dei fratelli.
Ares era riuscito a ripulirsi dal sangue del cinghiale, per evitare troppe domande.
Entrarono in casa rapidamente e sorridenti, ora più rilassati dopo essersi nutriti del sangue animale.
Erano tutti seduti nel piccolo salotto, e dopo i convenevoli, Emmet andò rapidamente a sedersi nel suo solito posto.
Ares, invece, si sedette sullo sgabello del pianoforte, voltato verso gli altri.
Carlisle scrutò l’ospite, come a cercar di soppesar i suoi comportamenti –Dimmi, Ares… Come hai trovato il sangue degli animali? E’ veramente così cattivo?-
L’interpellato sorrise, accennando anche una piccola risata, per poi rispondere –Molto peggio! E’ la cosa peggiore che abbia mai provato! Diamine! Neanche il sangue dei tossici è cosi… cosi… blah!- fece una smorfia a sottolineare ciò che intendeva.
Jasper ridacchiò –Sai, è dura per tutti!-
Ma Carlisle riprese subito la parola, scuotendo il capo –Ma finché rimarrai qua è l’unico sangue che ti potrai permettere di bere! Non voglio veder spargimenti di sangue in questa città!-
Ares serrò le mascelle, il suo sguardo divenne serio, indecifrabile.
Edward era uno dei più distanti, ma poteva facilmente percepir la leggera rabbia presente nell’animo dell’ospite, non aveva mai permesso a nessuno di comandarlo, ma non reagiva.
Si limitò ad un semplice respiro profondo ed un -…Certo- pronunciato con voce bassa, sostenendo lo sguardo di Carlisle.
Alice decise di interrompere la tensione –Bene! Ares, perché non ci parli un po’ di te? Hai detto che sei Italiano… Allora perché sei arrivato qui a Forks?- questa domanda e molte altre assillavano la mente della vampira.
Ares si rilassò, appoggiando i gomiti sul pianoforte chiuso, dietro di se –Per un semplice “viaggio turistico”, io e Jerome volevamo vedere l’america, gironzolando un po’, sono finito qui…-
Ovviamente tutti si stavano facendo la stessa domanda, ma nessuno voleva porla. Un sorriso triste si dipinse sul volto di Ares, prima di scioglier ogni loro dubbio –Jerome è morto… Un Licantropo nel Nord del Canada lo ha fatto a pezzi… Ed io ho fatto a pezzi quel mostro…- disse quella frase senza troppe emozioni, come se stesse parlando di qualcun altro o descrivendo un film visto in TV.
-Abbiamo viaggiato dal Messico fino al Canada, ma dopo la perdita del mio compagno di viaggio decisi di tornare nel meno civilizzato Sud. Anche se il sole del Messico mi avrebbe permesso di uscire solo di notte, le sue prigioni sovraffollate e poco custodite sarebbero state una vera manna dal cielo per me! Però ho deciso di fermarmi qui, troppo assetato per sperare di riuscire ad arrivare a destinazione!- Una risata non molto divertita e breve segnò l’inizio della fase successiva –Ma qui a Forks non c’è nessun criminale degno di nota! Solo qualche ubriacone o ragazzino molesto!-
Nessuno della famiglia, però, sembrava compatire le sue sofferenze.
Decise di ignorare i presenti e si girò sullo sgabello, aprendo il pianoforte.
Lentamente, cominciò a suonare, era un Requiem, dolce, triste, ma al contempo dotato di un ritmo forte, deciso.
Non era sicuramente come uno dei capolavori musicistici di Edward, ma era dotato di una potenza melodica incredibile.
La famiglia Cullen rimaneva in silenzio, ad ascoltare la musica e cercar di penetrar i segreti di quel triste “Dio della Guerra”.
Edward chiuse gli occhi e si appoggiò allo schienale. Era un pezzo che aveva già sentito, “Requiem For a Dream”, ma era arrangiato in un modo personale. Entrò dentro la mente di Ares, e vi trovò non delle immagini precise, ma solo sensazioni una furia terribile, dolore, angoscia, ma la cosa che più lo sconvolse era che il pianista provava piacere in quelle sensazioni.
Adorava sentir la rabbia scorrere nelle vene ed il suo cuore morto da tempo cercar di pulsare per quelle emozioni. Sapeva che quel dolore infinito, che non combatteva, ma coltivava come fosse la cosa più importante, era la cosa che permetteva ad Ares di differenziarsi da un cadavere freddo, in una tomba.
La mente… O meglio, l’anima, di Ares era la cosa più complicata che avesse mai visto, un essere sconvolto dal dolore, ma che sfruttava quel dolore come combustibile.
Vide nella sua mente i tasti che premeva, un vecchio spartito in una casa ormai lontana che riportava le note della melodia, modificate molte volte. Poi vide un’altra persona, vicino al pianoforte, vestito di nero e dalla pelle scura, sicuramente il Jerome di cui tanto parlava.
Le immagini lasciarono il posto ad una bestia con il muso da lupo, sporca di sangue, che teneva tra le zanne un corpo mutilato ed irriconoscibile. Il ritmo della melodia stava crescendo rapidamente. Vide il lupo voltarsi verso di lui, ma vide la voglia di combattere del lupo scemare rapidamente, dopo i colpi che gli fracassavano tutte le ossa. Mani e piedi colpivano il corpo della bestia senza lasciargli neanche il tempo di ululare per il dolore.
Impressionato e paralizzato da quella furia, Edward si allontanò dai pensieri di Ares proprio mentre il ritmo melodico raggiungeva l’apice, per poi rallentare fino alla conclusione.
Tutti si erano resi conto della reazione di Edward, e guardarono tutti in direzione di Ares, fermo, con lo sguardo sui tasti.
Jasper deglutì per cominciar a parlare, voleva far un semplice complimento, ma l’ospite lo precedette. Si alzò dal piano e si diresse verso l’uscita.
-Scusate, ma devo andare… Ci vedremo…-
I Cullen si guardarono, mentre Ares si allontanava.
Alice socchiuse gli occhi –Seattle… Si sta dirigendo a Seattle… Non so cosa farà, ma credo faremmo meglio a seguirlo.-
Jasper annuì –Si, anche se sembrava calmo, potevo percepire la sua agitazione…-
Intanto la macchina di ares si allontanò sgommando.
Edward si alzò per primo –bene, preparo la macchina!-

C’era la famiglia al completo, un po’ sulla macchina di Edward, un po’ su quella di Rosalie.
Stavano girando per le strade di Seattle alla ricerca di tracce di Ares, ma era più dura di quanto pensassero.
Edward stava cercando nelle menti dei passanti da quasi mezz’ora, quand’ecco, finalmente, una traccia.
Vide il volto di Ares nella mente di un uomo, anche se non poteva vederlo.
Accostarono le macchine in un vicolo, nella zona malfamata della città, sapevano bene che se le avessero abbandonate li non le avrebbero trovate al loro ritorno, così Rosalie ed Esme rimasero a far la guardia.
Forse la presenza di due ragazze non avrebbe certo convinto dei malintenzionati ad andarsene, ma sicuramente una dimostrazione di forza delle due avrebbe fatto desistere chiunque.
Gli altri arrivarono davanti ad una vecchia porta di ferro, con uno spioncino, guidati da Edward.
Inspirando, bussò.
Lo spioncino si aprì, rivelando gli occhi di un nero –Hey, ragazzino, vattene! Questo non è un posto per te!- esclamò subito, ma Edward lo fissò e, lentamente ma con decisione, pronunciò la parola d’ordine che aveva letto nella mente dell’uomo per entrare in quel Club privato –I soldi fanno la felicità, eccome!-
Gli occhi misteriosi controllarono uno per uno i membri della famiglia, soffermandosi un po’ di più su Emmet. Poi la porta si aprì con un cigolio.
I vampiri entrarono senza farsi pregare e passarono di fianco al grosso e muscoloso nero che era alla porta. Scesero delle strette scale, mentre una musica bassa ma martellante cominciò a giungere alle loro orecchie.
Arrivarono in un grande locale, illuminato da luci rosse al centro e blu lungo le pareti. Una cappa di fumo ricopriva tutto, in un angolo, un bancone di un bar pieno di tutti i liquori possibili ospitava svariate persone, alcune stese per terra dopo aver bevuto un po’ troppo.
Al centro della sala c’era una calca di persone rumoreggianti, intorno ad una grossa gabbia, con svariate banconote tenute in aria.
La gabbia era in realtà un grosso ring, all’interno di cui due persone stavano combattendo.
Alice allontanò con una spinta un ubriaco che si era avvicinato troppo a lei, mentre gli sguardi dei ragazzi vagavano sulla folla e lungo i tavoli, cercando il Vampiro.
Edward, però, sapeva bene dove cercare, anche senza usare il suo potere, e si limitò a seguir gli sguardi della gente, verso il centro della gabbia.
 
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Alchiriel
view post Posted on 29/1/2008, 14:57




[ora due capitoli in cui lo stile è decaduto notevolmente causa mancanza voglia... ed il finale, in cui tutto si rivelerà...]


Sento odor di sudore, fumo e alcool, con un leggero aroma di sangue.
L’uomo davanti a me cerca di stare in guardia, con i pugni sollevati, ma i miei precedenti pugni alle costole gli fanno male.
Un rivolo di sangue gli scende dal naso.
La luce rossa che ci illumina ci fa sembrar due mostri sanguigni, così come la folla che segue ogni nostro movimento.
Siamo a torso nudo, cosicché il pubblico possa notar i segni dei colpi, i lividi e le macchie di sangue.
Io, ovviamente, sono intonso. Ho solo qualche macchia di sangue sparsa addosso, ma non è il mio.
Purtroppo sono obbligato a muovermi piano, a rallentatore, al limite dell’umano, senza poter liberar completamente il mio potere.
L’uomo che sto affrontando sarà sulla trentina, capelli scuri ed un volto furioso.
Fa un passo in avanti e cerca di colpirmi con un rapido pungo sinistro, un semplice Jab di disturbo.
Devio con semplicità il pugno con la destra, per poi scattare in avanti.
Con la mia sinistra blocco l’altra sua mano, e sollevo il ginocchio destro.
La mia ginocchiata lo colpisce allo stomaco come un ariete, facendolo sbalzare indietro di un paio di metri.
Forse gli ho incrinato un paio di costole, comunque non ha più voglia di rialzarsi.
Lo vedo sputare sangue e gemere di dolore, serrandosi l’addome con le braccia.
Sospiro, ed afferro la sigaretta che avevo appoggiato sul bordo del ring all’inizio del combattimento.
Scuoto il capo, notando che ce n’è ancora metà. Devo trovar il modo di farli durar di più o in capo ad un’ora avrò finito tutti gli uomini del locale…
Aspiro senza molta convinzione il fumo della sigaretta, mentre lascio vagar lo sguardo tra la folla, alla ricerca di un nuovo sfidante.
Diamine!
Che ci fanno qui?
Come hanno potuto trovarmi?
Incontro il mio sguardo con quello di Edward, forse so come hanno fatto…
Sbuffo avviandomi verso l’uscita della gabbia. La serata di divertimento è alla fine.
Aprono la porta della gabbia, ma un uomo mi si para davanti. Trentacinque anni, un metro e novanta per circa cento chili di peso. Valuto rapidamente il suo fisico. Buono, ma non eccelso.
-Hey ragazzino… Tu non hai ancora finito!- mi dice con una voce rauca da fumatore, mentre mi da una spinta per farmi indietreggiare.
Mi lascio spingere, mentre lui avanza all’interno della gabbia.
-Direi di si, invece. Fin’ora ho visto solo degli smidollati su questo ring… E quello che ho davanti sembra essere il più effeminato…- dico sfottendolo, per poi dargli una spinta a mia volta.
La forza che uso è pari a zero, tanto che non indietreggia neanche, ma il mio scopo è solo far in modo che si agiti.
Ovviamente, fa il mio gioco.
Paonazzo dalla rabbia, si avvicina e tenta di darmi un ennesimo spintone, questa volta con tutto il suo peso, per farmi volare contro la gabbia.
Con tranquillità, mi sposto di lato, verso sinistra, ed avvolgo la mia mano destra intorno alla sua.
Con un movimento ormai automatico, ruoto il suo braccio e premo sul tricipite, creando una leva articolare da cui non può scappare.
Cade in ginocchio, a tre zampe, con il braccio destro imprigionato nella mia dolorosa morsa.
Alzo lo sguardo verso i Cullen, che mi fissano con un’espressione indecifrabile.
Sorrido con la sigaretta ancora tra le labbra e forzo un po’ di più con la mano sinistra.
Gridando di rabbia e frustrazione, l’uomo avanza a gattoni per evitar di rompersi il braccio, mentre mi muovo in tondo, portandolo in giro per la gabbia come un fedele cagnolino.
Quando ecco che fa la stupidata.
Con uno slancio cerca di ruotare verso destra, così da mettersi supino e sottrarsi alla presa.
Ovviamente, sono più rapido, e senza farmi troppi problemi, spingo con entrambe le braccia verso l’alto.
Con un sonoro schiocco, la spalla schizza via dalla sua sede come un tappo di bottiglia, strappando al mio stupido e nerboruto avversario un urlo di dolore.
Mi giro ed esco dalla gabbia, lasciandolo li, a stringersi la spalla deformata.
Afferro la mia camicia nera appena fuori dalla gabbia e mi dirigo verso i Cullen.
-Piaciuto lo spettacolo?- chiedo sorridendo.
Carlisle ha le mascelle serrate, è arrabbiato, ma non mi importa. Che continui pure a scappare come un topo codardo di fronte agli umani. Io dimostrerò loro, invece, quanto sono inferiori.
-Sei un incosciente! Ti vuoi far scoprire?- mi dice con un tono al limite della sopportazione.
Sostengo il suo sguardo con tranquillità.
In questo momento i miei riflessi sono abituati al combattimento, i miei muscoli sono pronti a scattare, e se volessi lo farei a pezzi.
Al bar ci sono superalcolici talmente forti da esser infiammabili quasi come la benzina.
Una volta steso non avrei problemi ad incenerirlo con quelli e la sigaretta che ho in bocca.
Guardo Edward, affianco a me, che mi guarda con rabbia.
Stai leggendo cosa c’è dentro la mia testolina, vero?
Un uomo soprappeso e paonazzo si avvicina a noi, rompendo l’attimo di tensione!
-Wow! Ragazzo! Sei stato fenomenale! Hai vinto cinquecento dollari in ventisette minuti! Cavolo!-
Agita un blocco di banconote sotto al mio naso, sorridendomi da sotto i baffetti da topo che ha sopra la bocca.
Scuoto il capo sorridendo –Non li voglio, sono venuto qui solo per divertirmi un po’! Usali per offrir da bere a tutti!- Dico le ultime parole gridandole, ed un applauso e qualche complimento giungono fino a me.
Ignorando i Cullen, mi dirigo verso l’uscita –Vogliamo andare?- chiedo senza neanche guardarli. E buttando via la sigaretta ormai finita.

Arriviamo alle auto, dove ci attendono Rosalie ed Esme.
Carlisle subito le informa delle mie azioni, che noia, non sono venuto qui per aver una balia che controlla ogni mia azione –Il nostro caro ospite ha deciso di andar a fare a botte in un Circolo Privato… E da quel che so ha steso otto uomini in una ventina di minuti...-
Sorrido alla sua direzione ed annuisco –Si, esatto… me la sono presa con calma…- dico guardando le due ragazze.
Esme spalanca gli occhi, questo mio passatempo deve averla scioccata. Lei è la più gentile ed innocente della famiglia. Non aveva il carattere per divenir una vampira.
-Ma… Stupido attaccabrighe che non sei altro! Perché non vai direttamente in giro con un cartello “Sono Un Vampiro” stampato in fronte?-
La sfido, avvicinandomi di due passi verso di lei –Senti, mammina… So esattamente quali sono i limiti umani, e combatto come uno di loro. Mi muovo al limite della comprensione mortale, tanto da lasciarli sbalorditi ma da non farli dubitare sulla mia natura! So esattamente quello che faccio e cosa rischio… E non ho paura della mia natura!-
Il mio tono è duro, tanto che lascia spiazzati quasi tutti i membri della famiglia.
Mi giro e compio qualche passo –Scusate, ora torno alla mia auto…-
Non faccio in tempo a finir la frase che un’ombra si muove rapida davanti a me, poi, uno schiocco.
La mia testa si gira… Dopo essere stata colpita da uno schiaffo.
Sbatto le palpebre un paio di volte…
Come ha fatto…?
Come ha fatto a colpirmi…?
Esme mi sta di fronte, ma nel suo sguardo non noto sicurezza, sembra essersi pentita all’istante del suo attacco, ora ha paura.
Posso percepire i muscoli dei vampiri alle mie spalle tendersi, pronti a scattare ad una mia reazione, ma sono troppo sbalordito.
Ho combattuto e ucciso umani, vampiri e licantropi… E lei… Proprio lei… E’ Riuscita a colpirmi…
Le passo di fianco, senza guardarla, e mi dirigo verso la macchina.
Mentre i Cullen mi guardano allontanarmi.
Sono ormai alla macchina quando sento dei passi, volutamente rumorosi, venir verso di me, non è il passo di un attacco, così continuo a camminare.
-Senti, Ares…- è la voce di Jasper –Scusala… Era agitata… E poi te la sei proprio cercata…-
Tiro fuori le chiavi e mi avvicino alla portiera –Anche tu a farmi la predica?-
Non lo guardo, mentre apro la macchina.
-Ehm… no… Volevo solo chiederti una cosa…- dice con un tono indeciso nella voce.
Mi siedo sul sedile ed alzo gli occhi, incrociando i suoi, così da fargli capire di continuare.
-… Ecco, sei stato fantastico prima, su quel ring… E volevo chiederti… Se potevi insegnarmi a lottare-
Sorrido a Jasper, sorriso che ben presto si trasforma in una lieve risata sincera –Certo! Salta su… Ti riporto a casa! Ti insegnerò a stendere qualsiasi cosa incontrerai!-
Sorridendo, sale in auto anche lui.
Il motore romba, mentre io ancora sorrido. Non tutti i Cullen disprezzano la mia arte.




-Esme… Vorrei parlarti…-
La voce di Ares era bassa, poco più di un sussurro, ma non minaccioso, i suoi occhi erano puntati al pavimento, come quelli di un bambino rimproverato dopo aver rubato delle caramelle.
Si trovavano nel salotto di casa, lei si voltò verso di lui, sul suo viso un leggerissimo dolce sorriso, quasi impercettibile. Esme non disse nulla con la sua voce melodiosa, semplicemente attese le parole del Vampiro Italiano che sollevò un po’ lo sguardo e non poté non trattenere un triste sorriso, contagiato da quello di lei, ma troppo in colpa per poter essere veramente un gesto di felicità.
-Volevo chiederti scusa. Per quello che era successo due sere fa, per quello che ho detto e fatto…- la sua voce lasciava trapelare il senso di colpa e il vero dispiacere per aver parlato in quel modo alla creatura più dolce che avesse mai conosciuto.
Erano già passati due giorni, durante i quali i rapporti tra i Cullen e l’Italiano erano più che freddi, erano ghiacciati. Ares aveva già chiesto scusa a Carlisle che aveva accettato di non buttarlo fuori casa solo perché credeva di poter instillare un po’ di buono in quel folle.
Gli unici che continuavano a girare intorno erano i tre fratelli. Jasper voleva imparare qualche trucco per le sfide di lotta che faceva con Emmet. Edward, stranamente, era l’unico che avesse percepito il vuoto, il dolore infinito che albergava nell’animo di Ares e, per quanto il vampiro italiano detestasse essere compatito, era l’unico che aveva cercato di consolarlo. Avevano anche suonato alcuni pezzi a quattro mani con il pianoforte, creando composizioni capaci di evocar invidia anche in un Mozart o in un Bach.
Emmet era uscito a caccia un’altra volta con Ares, anche se credeva che quello che aveva fatto fosse molto stupido non se l’era presa, anche se Rosalie era preoccupata ogni volta che i due uscivano di casa insieme, nonostante Alice la tranquillizzasse ogni vola con le sue visioni.
Era venuto il momento di chiedere scusa ad Esme e così, era in quella imbarazzante situazione.
Situazione che non durò a lungo.
Il Sorriso di Esme si allargò, così come anche le sue braccia, per poi abbracciare Ares. Era un abbraccio sincero, forte e caldo. Caldo semplicemente per l’amore che lei poteva donare. Lui sgranò gli occhi, stupito, rimanendo imbambolato, con le braccia lungo i fianchi. –Visto? Non era così difficile!- disse dolcemente la vampira.
Lo sguardo interrogativo di Ares diede vita alla melodica risata di Esme –Dico chiedere scusa…- il suo dolce sorriso, a pochi centimetri dal volto del suo interlocutore era capace di far sciogliere chiunque lo avesse incontrato, e lo stesso successe ad Ares, che finalmente ricambiò l’abbraccio.
-Scusami ancora…- non sapeva dire altro, commosso dall’abbraccio di lei.
-In Fondo sapevamo che non eri solo un “folle guerriero errante”…- disse quel titolo in tono ironico, per poi tornare al solito tono di voce dolce –Tutti hanno bisogno di una famiglia…-
Il loro abbraccio si sciolse, e subito alcuni applausi, non eccessivamente rumorosi, riempirono la stanza.
Solo in quel momento Ares si decise a sorridere alla famiglia cullen al gran completo che attendeva nel corridoio, davanti alla soglia della porta.
Sapeva che erano li, ma prima non gli importava, Carlisle stava annuendo soddisfatto del comportamento tenuto dal Vampiro e questo, più di qualsiasi complimento o regalo, gli donò la felicità che da tanto aveva dimenticato.
Alice chiuse un attimo gli occhi, alzando il viso, poi lo guardò sorridendo –Credi che potrai abituarti al sangue animale?-
Non era una semplice domanda, aveva visto il futuro di Ares. E con buone possibilità, era con loro.
Ares rise –Posso provarci!- esclamò non troppo convinto, ma felice della proposta. Sapeva del suo autocontrollo, d’altronde, nella gabbia aveva visto e odorato il sangue di coloro che colpiva, però aveva resistito senza troppi problemi. Bastava semplicemente bere spesso, con il tempo si sarebbe abituato.
Carlisle prese la parola –Ares Cullen però non mi convince molto…- disse grattandosi il mento, gioioso.
-Esistono nomi peggiori!- ridacchiò Emmet, avvicinandosi e dando una possente pacca a quello che probabilmente sarebbe diventato un nuovo membro della famiglia, almeno per un po’.

Ares e Jasper erano nella radura, erano passate ormai due settimane dall’arrivo di Ares, ed anche se doveva nutrirsi di sangue ogni due giorni, non c’erano stati ulteriori incidenti.
-Chiudi gli Occhi Jas… Percepisci la mia pressione, per quanto lieve, in una direzione. Non contrastarmi, ma accompagnami, unisci la tua potenza alla mia, e mi vincerai…-
Erano uno davanti all’altro, le braccia intrecciate e quasi stese, in modo che le mani di uno fossero sulle spalle dell’altro.
Jasper aveva gli occhi chiusi e si stava allenando a cedere anziché contrastare la forza del nemico, la filosofia di molte arti orientali, come il Judo o il Ju Jitzu.
Ares applicò una particolare forza verso la spalla sinistra di Jasper che subito cedette e fece finir a terra il suo avversario, che annuì approvando.
-Ottimo Jas, ricorda, Emmet è molto più forte di te, danzagli intorno, sbilancialo, fallo finire a terra e vincerai, finisci a combatterlo con tecniche di potenza e perderai…- disse rialzandosi e pulendosi un po’ i pantaloni con le mani.
Stava per proseguire, quando un trillo del suo cellulare attirò l’attenzione, un suono debole, dentro lo zaino a qualche decina di metri, ma facilmente udibile per lui.
Uno sguardo dubbioso comparì sul suo volto.
Nessuno, a parte Jerome, aveva quel numero.
Jasper rimase in attesa, mentre Ares rispose al numero sconosciuto, con voce dubbiosa -…Pronto?-

Nello stesso momento, a casa Cullen, Alice scosse il capo, dispiaciuta.
Era seduta sulla piccola poltrona del salotto, Edward era appoggiato allo stipite della porta.
Le sue previsioni erano errate, quella telefonata era del tutto imprevista, ed avrebbe allontanato Ares da loro.
Rosalie, seduta sulle ginocchia di Emmet sul divano la guardò incuriosita –Che c’è Alice? Qualcosa non va?- aveva da poco cominciato anche lei a non temer più pazzie da parte di Ares, anzi, cominciava ad apprezzare i suoi discorsi sull’Italia e le sue storie.
-Ares se ne va… - Disse semplicemente.
-Cosa? Perché?- chiese Emmet posando senza fatica Rosalie al suo fianco per poi alzarsi.
Un sospiro attirò l’attenzione del muscoloso vampiro verso la porta, ove era appoggiato Edward.
-Non avete mai notato che non ha mai accennato alla vita vampirica Italiana, ma solo di lui e il suo amico?- guardò Alice, da cui aveva appena appreso la visione, che gli annuì –Vi ricordate di quando ci parlò dei vampiri abbracciati per le loro abilità? E vi ricordate dove vanno a finire i vampiri dotati di particolari poteri e talenti?-
-Volterra…- Tutti si voltarono verso Carlisle, che entrava in quel momento –Ares è la guardia del corpo perfetta…-

Tornando a casa, Ares e Jasper non parlavano e non scherzavano.
Sembravano semplicemente immersi nei loro pensieri, pensieri che per un attimo vennero disturbati da un rumorosissimo Pick Up guidato dall’Ispettore Swan.
Ares sospirò con dispiacere al pensiero che avrebbe potuto spezzar la vita di quell’innocente.
Arrivati a destinazione, trovarono tutta la famiglia Cullen ad attenderli nel salotto, cosa che fece sorridere Ares.
-Siete fastidiosi, sapete?- esclamò Ares ridacchiando –Non si può neanche sperare di farvi una sorpresa…-
La sua risata si spense, lasciando posto ad un’espressione triste.
Esme fu la prima a parlare, dopo aver fatto pace la vampira si era già affezionata al nuovo inquilino come ad un nuovo membro della famiglia –Quindi non rimani?-
Silenzio.
Pochi secondi in cui il vampiro decideva del suo futuro –No… Qui c’è troppa pace, troppa gioia… Devo seguire la mia strada, e non è qui…-
Edward era già seduto al pianoforte –Festa d’addio?- chiese per poi cominciare a suonare una canzone gioiosa, da festa.
Ares rise e batté le mani a tempo per un po’, poi abbracciò i membri della famiglia, uno ad uno, fino a Carlisle che gli sussurrò nell’orecchio un semplice –Salutami Aro, Caius e Marcus, mi raccomando-
La musica terminò, e ne approfittò per salutare anche Edward, colui che aveva dato la possibilità al suo cuore di curarsi. Poi si voltò verso Emmet e Jasper.
-Regalo d’addio ragazzi?- chiese loro impaziente.
Ed i due, subito risposero con un sorriso aggressivo, che sfoderasse le zanne mostruose.



Sono all’aereoporto di Seattle, pronto a partire.
Mi sono trattenuto un po’ qui in città, o meglio, nelle colline qui in zona.
Ho voluto ricordarmi bene la sensazione della caccia, poiché quando tornerò in Italia mi nutrirò di un sangue più dolce, ma meno difficile da procacciare.
Sono in fila davanti al metal detector, e ripenso con un sorriso al “regalo di addio” di Emmet e Jasper, una gara di lotta tra loro due, per dimostrami cosa sapevano fare i Cullen.
Emmet si starà ancora rodendo della sconfitta! D’altronde, Jasper aveva imparato in fretta.
Ridacchio al ricordo della faccia di Emmet a terra, stupito.
La mattina dopo sarebbero dovuti andare a scuola, quindi non avrebbe neanche avuto modo di rimanere da solo a rimuginare su cosa era andato storto, ma gli passerà.
Un bip dalla mia tasca, un messaggio al cellulare.
“Buon Viaggio” dice semplicemente, è il numero di Alice.
Sorrido, evidentemente sapevano che mi ero trattenuto qui un po’ più del necessario, rispondo rapidamente “Grazie, da voi va tutto bene dopo la mia partenza?”
Davanti a me c’è una classe in partenza, i ragazzini tendono a dimenticare in continuazione chiavi e collane che fanno suonare costantemente il Metal Detector, ne avrò per un po’, quindi messaggio un po’ con Alice.
Devo aspettare solo pochi secondi prima di poter leggere la risposta “Mah, Edward è scappato in Alaska… Ma non ti preoccupare, si sistemerà tutto”.
Mi paralizzo leggendo quella frase.
Ormai sta a me, ma non passo, con gli occhi incollati al cellulare.
Una delle guardie mi invita ad avanzare.
Edward è stato colui che mi ha evitato di sprofondare nell’oblio, e qualcosa lo ha fatto scappare.
Ci sono poche cose che possono far scappare un vampiro, ed io so come eliminarne buona parte.
Faccio un cenno di dissenso alla guardia più vicina e mi allontano dalla fila.
Corro a velocità umana verso la mia macchina… O meglio, la macchina che avevo preso in prestito in Messico.
Ha fatto veramente il suo dovere in questi mesi.
Salgo a bordo e rapido esco dall’aereoporto.
Tra poco ci sarà l’alba, e tempo di arrivare a Forks non troverei nessuno a casa.
Riesco a districarmi abbastanza facilmente nel traffico cittadino che lentamente si sta infittendo, ancora venti minuti e mi sarei trovato in colonna.
Appena fuori dalla cittadina premo a fondo l’acceleratore, non mi importa degli autovelox, la multa arriverà ad un uomo morto da tempo, così come non mi importa della strada ghiacciata, so esattamente mantenere il controllo di un veicolo.
Sono ormai a Forks, e passo davanti alla riserva indiana di La Push.
Un ragazzo, avrà più o meno l’età che avevo io al momento del passaggio, mi fissa.
I suoi occhi neri si piantano nei miei, noto i muscoli prominenti.
Gli passo davanti a velocità non troppo elevata a causa del trattore che ho davanti.
Dal finestrino aperto entra quell’odore.
Il mio piede destro si solleva dal pedale del gas e si prepara a premere il freno.
Un Licantropo, un dannatissimo Licantropo.
Voglio fermarmi, scendere e disintegrarlo, non ho ancora mandato giù quello che hanno fatto a Jerome.
Solo in quel momento noto una ragazza bellissima, bionda, che sorride verso l’indiano che continua a fissarmi. –Vieni Sam?-
Stringo le mascelle, non ho tempo per questo. D’altronde i Cullen mi avevano detto che in passato qui c’erano i Lupi.
Premo ancora il gas, e distolgo lo sguardo dal Licantropo, è il suo giorno fortunato.
Metto la freccia e supero il trattore.
Guardo l’ora, è tardi, staranno per entrare a scuola, così mi dirigo li. Dietro di me c’è un fuoristrada guidato da un ragazzino anonimo.
Arrivo davanti al parcheggio della scuola, rallento a passo d’uomo, cercando i Cullen.
Finalmente li vedo, dall’altro lato della strada, però non si accorgono di me… Strano… Stanno tutti guardando verso il parcheggio.
Mi volto e vedo una ragazza che scende da un pick up e, poco distante, vicino ad un piccolo gruppo di persone, Edward. Sorrido felice, deve essere appena tornato.
Sono deciso a fermarmi, salutare tutti, chiedere cos’è successo.
Strano che anche Ed non si sia accorto di me…
Un rumore stridente mi giunge alle orecchie, il fuoristrada che era dietro di me entra a tutta velocità nel parcheggio e slitta con le ruote sul ghiaccio.
La ragazza scesa dal Pick Up si è appena chinata per vedere qualcosa, forse il parafango o le ruote del suo mezzo.
Il fuoristrada la ucciderà...
Va beh, peccato.
Ma qualcosa non va come previsto.
Edward scatta, si muove come un razzo davanti a tutti, sposta quella ragazza e la protegge con il suo corpo.
Ma che diamine… E’ impazzito?
Sgrano gli occhi, mentre mi fermo.
Ora ho capito… Non stava scappando da un nemico, ma da se stesso…
Ed, Ed, Ed… In che casino ti sei ficcato…
Innamorarti di una mortale… E rischiare di svelare il segreto a tutti per lei!
Sospiro e capisco che la mia presenza non servirà a nulla, anzi, credo che Edward avrà bisogno di tempo per chiarire con la famiglia… Con la ragazza… Con tutti gli altri…
-Ciao Ed, Ciao ragazzi… addio…- mormoro, ma sono troppo impegnati per potersi accorgere di me, anche con i loro poteri.
Metto la prima e, lentamente, mi allontano.
Prenderò il volo di stasera.
Volterra mi aspetta.
Ciao a tutti, grazie per avermi dato di nuovo la gioia di vivere.
Addio.




Fine



[spero sia piaciuto, a parte alcuni cali di stile ._.]
 
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Shuyin'90
view post Posted on 30/1/2008, 16:53




complimenti! è proprio una bella fic! :)
 
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Alchiriel
view post Posted on 30/1/2008, 17:24




grazie ^^

(tutto si incastra eh! :P pure la caccia "due settimane prima" dell'arrivo di bella e la sconfitta di Emmet by Jasper il giorno prima)
 
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black natter
view post Posted on 31/1/2008, 21:28




bello!! ma non dirmi ke finisce qui?!
 
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Alchiriel
view post Posted on 1/2/2008, 08:30




Ares se ne va da Forsks, il resto... chissà... :P
 
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black natter
view post Posted on 1/2/2008, 15:34




beh..."faLLO sentire" presto :P
 
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9 replies since 28/1/2008, 19:49   265 views
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